“Oggi, tramite i miei legali di fiducia, ho finalmente agito giudizialmente nei confronti della Regione siciliana per chiedere il risarcimento dei danni patiti per i mancati raccolti di uva dei miei vigneti per gli anni 2019, 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024 causati dalle invasioni di cinghiali all’interno della mia azienda vitivinicola e che ammontano a più di 1.800.000,00 €. In questi anni ho fatto oltre 60 PEC a tutti gli uffici preposti, ma mai nessuno ha mosso un dito per porre rimedio a questo problema, che oltre a me porta centinaia di aziende agricole al collasso economico. Anzi, quando l’anno scorso sono stato intervistato dalla TGR Sicilia e dal TGS, un direttore regionale disse che avevo creato allarmismo. Certo, dopo essere stato aggredito dai cinghiali ed essere saltato sul trattore per evitare che mi sbranassero, e dopo avere assistito all’ inerzia della pubblica amministrazione, sì, ero allarmato. Adesso aspetterò che si pronunci un giudice”.
Così scrive in un post Franco Calderone, titolare di un’azienda vitivinicola e di una cantina a Marineo, provincia di Palermo. Come scrive nel post, i cinghiali, dal 2019, quando l’uva è matura, fanno visita ai suoi vigneti. Ed è anche logico: l’uva matura è dolce e loro, i cinghiali, quando ci sono di mezzo frutti zuccherini, impazziscono dal piacere e prendono letteralmente d’assalto i vigneti. Per chi produce vino con l’uva è un bel problema. Tra l’altro, qualche anno fa, Calderone ci raccontò una disavventura che nel post sintetizza. A un certo punto, mentre si trovava in campagna, si è trovato circondato dai cinghiali. Si è salvato perché è riuscito a raggiungere il trattore. Di solito questi animali non attaccano, a meno che non pensino di trovarsi in pericolo. Molto pericolosa la cinghialessa che si muove con i cinghialetti: per proteggerli attacca a testa bassa come una furia. Morale: quando per strada si incontra una cinghialessa con i piccoli è bene tenersi alla larga.
I cinghiali sono un problema in una decina di Regioni italiane, in alcuni Paesi europei e in altri Paesi del mondo. In Sicilia il cinghiale si era estinto alla fine dell’800. Nei primi anni ’80 del secolo passato si è pensato di reintrodurli in alcune aree demaniali. A quanto sembra, nella nostra Isola non è stato reintrodotto il cinghiale autoctono di piccola taglia, poco invasivo e non molto prolifico. Hanno invece introdotto una razza di cinghiale originaria dell’Europa orientale che era stata allevata in Calabria per ripopolare i boschi del Sud Italia. Questa razza ha una mole notevole rispetto al cinghiale autoctono siciliano ed è molto prolifica. A seconda delle condizioni può raddoppiare o addirittura triplicare la sua presenza nel territorio. Se trova cibo, per lo più ortaggi o frutta, le condizioni per aumentare di numero crescono. Ed è proprio quello che succede in Sicilia ma anche in Piemonte, in Lombardia, in Toscana, in Emilia Romagna, in Umbria, nel Lazio, in Abruzzo, in Campania, in Puglia, in Basilicata, in Calabria e in Sardegna. A farne le spese sono gli agricoltori di queste Regioni, che ogni anno subiscono danni economici ingenti. Ci sono amministrazioni regionali che, nei limiti dei propri bilanci, che oggi sono scarni, intervengono a sostegno delle aziende agricole. Lo fanno le Regioni Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Calabria, Campania e Puglia. E ci sono Regioni che non intervengono affatto.
Tra queste c’è la Regione siciliana, che sui cinghiali tiene un atteggiamento simile ai ‘Medici di Cristo’: della serie, constatano i danni e allargano le braccia. E se qualche agricoltore protesta, lo accusano di creare allarmismo. Da qui l’iniziativa di Calderone, che spera in un intervento della Giustizia.
Lo scorso anno la Coldiretti ha provato a fare il punto della situazione della cosiddetta ‘cinghializzazione’ dell’Italia. Da questo approfondimento è venuto fuori che la Calabria è messa veramente male, se è vero che in questa Regione ci sono ben tre Parchi: il Parco nazionale dell’Aspromonte, il Parco nazionale della Sila e il Parco nazionale del Pollino. In queste aree protette i cinghiali proliferano e scorrazzano allegramente. La stima della Coldiretti è che in Calabria ci potrebbero essere circa 300 mila esemplari. Ma la stima sembra in difetto: potrebbero essere molti di più. Mangiano quello che gli capita sotto i denti. A quanto pare risparmiano solo le piante di peperoncino: e non è difficile capire il perché. Come nel resto d’Italia e ovunque sono presenti, i cinghiali provocano incidenti stradali e la diffusione della peste suina che per l’uomo non crea problemi ma per la zootecnia è devastante, perché bisogna procedere all’abbattimento dei capi di bestiame, con danni notevoli per gli allevatori. Un’altra patologia diffusa dai cinghiali è la tubercolosi bovina: altro problema per gli allevatori.
In Lombardia la Coldiretti ha censito la presenza di 70 mila cinghiali circa. Quasi tutta l’agricoltura di questa Regione viene colpita dalla voracità di questi animali. I cinghiali attaccano le coltivazioni di riso, di mais, di patate, di piccoli frutti e i vigneti. In questa Regione non è insolito ritrovarsi i cinghiali nel ben mezzo delle strade, creando preoccupazione tra la popolazione.
In Puglia la situazione è piuttosto grave. In questa Regione si conta una popolazione di 250 mila esemplari. La Puglia è la prima Regione italiana per la produzione di uva da tavola che, come abbiamo raccontato, piace molto ai cinghiali. In questa Regione gli agricoltori le sperimentano tutte per salvare la produzione di uva da tavola, ma non sempre ci riescono. Così come debbono lottare per evitare che i cinghiali si pappino ortaggi e frutta. In Puglia si coltivano le ciliege e, ovviamente, i cinghiali, sentendo l’odore delle ciliegie mature, possono distruggere gli alberi per arraffare questo frutto. Per la cronaca, i cinghiali si nutrono anche di legumi, di farro, di orzo, di castagne. E non risparmiano gli oliveti. Se avvistano un campo di girasole lo svuotano.
Grandi problemi anche nel Lazio per gli ortaggi di pieno campo e per la frutta. In questa Regione si contano almeno 250 mila esemplari, anche se la stima sembra in difetto. E anche in questa Regione c’è molta paura da parte della popolazione delle aree rurali.
In Piemonte la Coldiretti ha stimato la presenza di almeno 110 mila esemplari di cinghiali, stima che anche in questo caso sembra in difetto. Anche qui è una ‘guerra’ con gli agricoltori che debbono difendere i vigneti e le altre colture, compresi i prati e i pascoli. Per la cronaca, il Piemonte è la Regione italiana che stanzia più risorse in favore delle aziende agricole danneggiate dai cinghiali, coprendo fino a oltre l’80% dei danni. Questo elemento, insieme con gli interventi delle altre Regioni italiane in favore delle aziende agricole colpite dai danni provocati dai cinghiali può essere un fattore importante in un’azione di richiesta di risarcimento nelle Regioni nelle quali gli agricoltori vengono abbandonati dalle pubbliche amministrazioni .
In Liguria si stima che siano presenti circa 55 mila esemplari di cinghiali. Ma la stima sembra in difetto, soprattutto perché non è facile calcolare la presenza di questi animali nelle aree collinari e soprattutto montane. In questa Regione i cinghiali si sbranano gli ortaggi e non esitano a distruggere i muretti a secco causa la frenetica ricerca di cibo.
In Umbria sono stati censiti almeno 150 mila esemplari di cinghiali. Anche in questo caso la stima sembra in difetto. In questa Regione la situazione è drammatica per le coltivazioni di mais e di girasole, che vengono prese d’assalto da questi animali. Problemi anche per i vigneti e per gli oliveti.
In Veneto, dove i vigneti sono molto diffusi, i cinghiali provocano danni. Anche in questa Regione è una lotta per non perdere la produzione di uva da vino. I 110 mila esemplari di cinghiali censiti in Veneto non risparmiano le colture di pieno campo. Problemi enormi anche nel Molise, nelle Marche e in Campania.
Pesantissima la situazione in Abruzzo, dove i 100 mila cinghiali censiti non danno tregua agli agricoltori. Questa è una Regione piccola e 100 mila cinghiali sono veramente tanti. Pesante la situazione anche in Sardegna, dove si contano 100 mila esemplari che provocano danni ingenti. E danni anche in Emilia Romagna nei frutteti e nelle colture di pieno campo.
La Sicilia, infine. Dove, con i cinghiali, ne succedono di tutti i colori. A Castelbuono, sulle Madonie, i cinghiali sono di casa. Ma è così in altri centri dell’Isola. A Palermo, nella borgata dell’Arenella, ogni tanto qualche cinghiale scende dal Monte Pellegrino alla ricerca di cibo. Qualche anno fa, durante le vacanze di Natale, nella borgata di Tommaso Natale, un cinghiale si è intrufolato in una scuola che, per fortuna, era deserta. Nella nostra Isola, sul fronte emergenza cinghiali, regna la confusione e il totale disinteresse della politica. Le ‘autorità’, a cominciare dalla Regione, sono mediamente latitanti. Come già accennato, non ci sono risarcimenti per gli agricoltori che subiscono danni alle colture. In Sicilia non ci sono fondi regionali per l’agricoltura. Si va avanti solo con i fondi europei. Il disinteresse della politica siciliana per l’agricoltura è pressoché totale. Non parliamo del Governo nazionale, che in questo settore, nella nostra Isola, non esiste, se non per qualche passerella. Anzi l’attuale assessore all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo, caso unico da quasi un ventennio, sta facendo qualcosa per l’irrigazione nel Catanese. Per il resto, il buio. Al netto, ribadiamo, delle passerelle vacue e fatue. Ora è arrivata la richiesta di risarcimento per i danni subiti a causa dei cinghiali. E a seconda di come finirà, potrebbero arrivare altre richieste di risarcimenti. Chissà, magari un bel po’ di ‘stangate’ per fare saltare i conti dell’assessorato all’Agricoltura della Regione potrebbe essere un toccasana. Come si usa dire nella nostra lingua, macari a pulitica s’arruspigghia…
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