Dall'Italia e dal mondo

Guerra Israele-Iran: in Italia è già partita la speculazione sui prezzi di benzina e gasolio. La denuncia del Codacons. Se la guerra continuerà sarà il caos

Sono tanti gli effetti della guerra tra Israele e Iran. La guerra in Ucraina è finita in secondo piano, con gli Stati Uniti che hanno trasferito i sistemi di difesa dal Paese di Volodymyr Zelen’skyj in Medio Oriente. Delle grandi manifestazioni popolari di protesta di Los Angels e di altre città americane contro le politiche anti-immigrazione dell’amministrazione di Donald Trump, organizzate proprio per finire sui mezzi d’informazione del mondo, non si parla più. Un disastro per gli organizzatori e per milioni di immigrati illegali presenti negli USA, che pensavano di avere un po’ di aiuto dall’informazione mondiale, dal momento che la grande maggioranza dei cittadini statunitensi è d’accordo con Trump.

Ma l’effetto più eclatante che si sta verificando è l’aumento del prezzo del petrolio, nonostante l’impegno di tanti Paesi interessati a tenerlo basso. Si tratta di un paradosso che potrebbe avere effetti devastanti nell’Unione europea. Per non parlare dell’Italia dove sono già cominciate le volgari speculazioni che, la scorsa settimana, erano state anticipate dal Codacons, il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori. Ma andiamo con ordine.

A fine Febbraio il presidente americano Donald Trump, che si è impegnato a fermare la guerra in Ucraina, capisce che né la Russia di Putin, né la NATO, né l’Unione europea, né l’Ucraina hanno intenzione di fermare le armi. Putin chiama in aiuto l’Arabia Saudita. Insieme decidono di aumentare l’offerta di petrolio per fare abbassare il prezzo di questo prodotto. Per la cronaca, l’America è il primo Paese produttore al mondo di petrolio; al secondo posto c’è la Russia; al terzo posto l’Arabia Saudita. La Russia guadagna tanto vendendo petrolio; se il prezzo si abbassa, la Russia dovrebbe guadagnare di meno, avrà meno soldi da investire nella guerra in Ucraina e, magari, si convincerà a fermare le armi. Trump sbaglia i conti. Non calcola che la Russia non ha solo tanto petrolio, ma anche tanti Paesi che lo acquistano, compresa l’Unione europea. Il prezzo del petrolio, in effetti, si abbassa sensibilmente ma per la Russia non è un problema: ne vende un po’ di più e incassa gli stessi introiti.

Per due mesi e forse più le cose vanno così: prezzo del petrolio più basso ma – e qui andiamo all’Italia – il prezzo di gasolio e benzina alla pompa è sempre lo stesso. Non dovrebbe essere più basso? Arriva l’attacco dell’Iran a Israele. In un giorno il prezzo del petrolio schizza su del 7%. Da 68-69 dollari al barile si passa a 73-74 dollari al barile. A noi sembra una cosa da nulla ma per un Paese che produce e vende miliardi di barili di petrolio lo ‘scherzetto’ si configura come una barca di soldi in più! Gli sforzi dell’America di Trump e dell’Arabia Saudita per far abbassare il prezzo del petrolio greggio vengono vanificati in poche ore. La Russia di Putin guadagna una barca di soldi senza avere mosso un dito. Ovviamente, guadagnano anche Stati Uniti d’America e Arabia Saudita. Perde l’Unione europea che, è noto, non ha riserve petrolifere e dipende dagli acquisti sul mercato mondiale di questo idrocarburo.

In Italia c’è chi si ‘lecca i baffi’ per approfittare del momento favorevole. Interviene subito il Codacons e alla fine della scorsa settimana mette in guardia il Governo e i cittadini: badate che non ci possono essere aumenti dei prezzi di benzina e gasolio per un motivo semplice: perché alla pompa stanno vendendo agli automobilisti la benzina e il gasolio prodotti con il petrolio grezzo che è stato acquistato a 68-69 dollari al barile. Come non detto: già fioccano gli aumenti del prezzo di benzina e gasolio, come si legge in un lancio di agenzia di AGENPARL di oggi, 16 Giugno: “Il repentino aumento dei listini dei carburanti in Italia è del tutto inaccettabile e deve portare il Governo ad intervenire con urgenza per bloccare qualsiasi forma di speculazione a danno degli automobilisti. Lo afferma il Codacons, commentando la fiammata dei prezzi di benzina e gasolio dopo le tensioni tra Israele e Iran (qui per esteso l’articolo: https://agenparl.eu/2025/06/16/codacons-su-benzina-sopra-17-euro-al-litro/). Insomma, in Italia è matematicamente impossibile sfuggire alle speculazioni. Quando il prezzo del petrolio si è abbassato, il prezzo alla pompa di benzina e gasolio è rimasto praticamente fermo; ora che il prezzo del petrolio si è alzato, si alza il prezzo di benzina e gasolio sena alcuna giustificazione, come sottolinea il Codacons. Ma tant’è.

Non c’è solo questo. Non sappiamo come finirà la guerra tra Iran e Israele. Il dato certo è che i combattimenti sono in corso e coinvolgono un’ampia area del Medio Oriente. Compreso il tratto di mare dal quale passa un terzo del petrolio greggio che viene commercializzato nel mondo. E anche una grande quota di GNL, ovvero gas liquefatto. Va messa nel conto un’ipotesi tutt’altro che campata in aria: la chiusura dello Stretto di Hormuz e dello Stretto di Bab el-Mandeb. Se ciò dovesse accadere sarebbe un bel guaio. Succederà? Impossibile fare previsioni. Ma qualche ipotesi è possibile. Se la guerra tra Israele e Iran continuerà, nonostante gli sforzi che verranno messi in campo per ‘calmierare’ i prezzi del petrolio greggio e dei suoi derivati, potrebbe succedere di tutto. Su Telegram, un canale vicino alla Russia – e quindi direttamente interessato alla questione – scrive che il prezzo del petrolio, in tempi brevi, potrebbe superare i 100 dollari al barile. Addirittura, se prevarrà la speculazione dei Paesi produttori di petrolio, il prezzo potrebbe schizzare a 110, 120, anche 130 dollari al barile. C’è un po’ di esagerazione. Ma, in buona parte, è tutto vero. Con l’eventuale chiusura dei due Stretti, l’aumento del pezzo di benzina e gasolio che sfiorerebbe i 3-3,5 euro al litro non sarebbe frutto di una speculazione ma della realtà. Siccome è impossibile fare a meno del petrolio, dall’energia per industria ai servizi, dall’agricoltura fino ai trasporti, non è detto che i Paesi produttori non decidano, anche per un periodo breve, di incassare montagne di soldi. Per l’Unione europea sarebbe una rovina. Non parliamo dell’Italia dove oltre l’80% delle merci ‘viaggia sul gommato. (foto italpress) 

Giulio Ambrosetti

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