I turisti che arrivano in Sicilia e optano per la Dieta Mediterranea verranno accontentati?

di Giulio Ambrosetti

Benedetta Dieta Mediterranea. Nella prima puntata del nostro approfondimento sui prodotti che vengono utilizzati per questa particolare quanto celebrata dieta abbiamo puntato i riflettori sulla pasta (qui puoi allegare il primo articolo): in una parola sul grano.

E poiché noi viviamo in Sicilia abbiamo raccontato delle vicissitudini del grano duro, coltura d’elezione del Sud Italia e della Sicilia, che viene bistrattata, se è vero che nella nostra Isola e in Puglia – le due maggiori Regioni italiane per la produzione di grano duro – soprattutto al momento della raccolta del grano, si assiste a una sorta di ‘invasione’ di grano duro estero. Una strategia che viene messa in atto per far precipitare il prezzo di questo cereale. Tutto in favore dei commercianti. Tutto nella totale indifferenza della politica siciliana (ma esiste ancora?) e del Governo nazionale. E con la ‘benedizione’ dell’Unione europea, che punta a potenziare le cosiddette energie alternative trasformando i campi di grano dell’Europa mediterranea in immense distese di pannelli fotovoltaici.


Ma c’è anche il grano tenero, che rientra sempre nella Dieta Mediterranea, perché con questo cereale, anche in Sicilia, si prepara il pane. Proprio nella nostra Isola, per la produzione del pane, si dovrebbe privilegiare il grano duro: ma non è così. Anche dalle nostre parti il grano tenero entra nella produzione del pane, magari mescolato con farina di grano duro. Si utilizza grano tenero siciliano e, in generale, italiano? Solo in minima parte. In Sicilia non c’è la tradizione del grano tenero, se non per la produzione dei dolci.

A livello nazionale si registra una riduzione della produzione di grano tenero. Si preferisce importarlo dall’estero, soprattutto dal Canada, ma anche da altri Paesi come Francia, Stati Uniti d’America, Russia e, per sostenere l’Ucraina, anche da questo Paese. Morale: parlare di pane che rientra nella Dieta Mediterranea è in buona parte improprio, perché sia il grano duro, sia il grano tenero sono in molti casi importati dall’estero. Per non parlare del fatto che, tranne i casi di panifici artigianali o di tradizione, così come per la pasta, le informazioni sulla provenienza del grano per la produzione del pane sono assai scarne, se non assenti.

Frutta e ortaggi freschi e trasformati: e qui viene da ridere. L’Italia è un grande produttore di pomodoro fresco e di pomodoro trasformato. Ma ne importa anche da Paesi esteri, Cina in testa. Tutto sommato, considerato che l’importazione di pomodori e di passata di pomodoro è di gran lunga inferiore alle produzioni italiane, le due produzioni, pomodoro fresco e trasformato, si possono includere nella Dieta Mediterranea. Per gli altri ortaggi regna molta confusione, perché ne vengono importati grandi quantità dai Paesi esteri dove il costo di produzione è molto più basso. L’unico modo per difendersi è avere la certezza che gli ortaggi che portiamo a tavola sono coltivati in Italia: solo in questo caso di può parlare correttamente di ortaggi che possono entrare a pieno titolo nella Dieta Mediterranea. Dovrebbe essere così anche per le verdure, o quanto meno per alcune verdure.

Passando alla frutta c’è da mettersi le mani nei capelli: a parte di agrumi, con riferimento ad arance e mandarini, il resto della frutta, in Sicilia, è un terno al lotto, soprattutto la frutta estiva. Anche sugli agrumi bisogna stare molto attenti ai limoni. La Sicilia, negli anni passati, produceva tanti limoni; oggi non è più così. A parte alcune produzioni di limoni di pregio, che troviamo per lo più in provincia di Siracusa, in alcune aree del Catanese e del Messinese e in qualche altro piccolo areale della nostra Isola, la maggior parte dei limoni che circolano dalle nostre parti sono esteri: Spagna, Paesi africani e soprattutto Argentina. Il ‘caso’ limone è un po’ il paradosso della Sicilia: produciamo tra i migliori limoni al mondo ma i cittadini siciliani, di queste produzioni di elevata qualità, non ne vedono nemmeno l’ombra. Tali produzioni vengono in massima parte esportate, mentre i siciliani si arrangiano con i limoni esteri. Insomma, per il limone, almeno in Sicilia, non si può parlare certo di Dieta Mediterranea. Tranne rari casi, la granita di limoni siciliani rientra nel tempo che fu.

Anche per la frutta, soprattutto estiva, parlare di Dieta Mediterranea è un po’ rischioso, perché siamo letteralmente sommersi di frutta che arriva dall’universo mondo. Restando in Sicilia, ebbene, solo due aree possono vantarsi di avere ciliege locali: l’Etna, ovvero il Catanese, zona di produzione eccelsa ma non di grandi numeri e la piccola area produttiva di Chiusa Sclafani. Per il testo, piccole produzioni qua e là, nelle aree collinari e montane ma poco significative. Inserire in Sicilia le ciliegie nella Dieta Mediterranea potrebbe andare bene nel Catanese ma senza esagerare. Per il resto, se va bene si trovano le ciliegie pugliesi, che sono di grande qualità e poi le produzioni estere. Come distinguerle? Dal prezzo: se il prezzo è basso sono ciliege estere. Le albicocche? E da dove arrivano? In Sicilia ci sono le albicocche dell’Ennese, in parte del Catanese e una piccola produzione di alta qualità a Scillato, nelle basse Madonie. Poi mettiamo punto.

Quest’anno, ad Aprile e Maggio, in Sicilia, sono arrivati i meloni gialli. Nella nostra isola i meloni gialli si cominciano a vedere a Luglio e fino a Settembre tutto sommato si trovano. Da dove arrivavano i meloni gialli in Primavera? Con molta probabilità dal Sudamerica e, segnatamente, dal Brasile. Chi li ha fatti arrivare? E perché? Sono un’anticipazione del Mercosur, il trattato tra Unione europea e alcuni Paesi del Sudamerica, Brasile in testa, che rischia di inondare l’Europa di frutta e ortaggi soprattutto brasiliani? Chissà.

Un capitolo a parte merita l’olio d’oliva extra vergine italiano. Dovrebbe essere un prodotto d’elezione della Dieta Mediterranea. Ma Iddio solo sa cosa succede in questo settore. Ne abbiamo già scritto qualche mese addietro (qui puoi allegare l’articolo sull’olio d’oliva extra vergine siciliano). Una bottiglia di olio d’oliva extravergine siciliano non può costare meno di 9-10 euro. Ma allora che ci fanno le bottiglie di olio d’oliva extra vergine vendute a 8 euro, a 7 euro, a 6 euro e anche a 5 euro? Siamo sicuri che si tratta di un prodotto italiano? Per l’olio d’oliva extra vergine e, in generale, per ortaggi e frutta che arriva da chissà dove bisogna porsi una domanda: con che pesticidi sono stati trattati le olive nel caso dell’olio e frutta e ortaggi? Non è una domanda di poco conto. Il Mercosur è bloccato da tanti anni proprio perché il Brasile si rifiuta di garantire la cosiddetta ‘reciprocità’: ovvero l’uso degli stessi pesticidi e alle stesse dosi utilizzate in Italia.

Lo stesso discorso vale per la carne che, in morigerate dosi, rientra nella Dieta Mediterranea: c’è la garanzia che tale carne sia di animali di allevati nell’area mediterranea? Vogliamo parlare del pesce? Oggi l’80% del pesce che si consuma in Italia arriva dall’estero. Una regola che, purtroppo, non esclude la Sicilia con le sue flotte pescherecce massacrate da costi di produzione elevati (si pensi al gasolio) e da un mare sempre meno pescoso.
Bene, queste considerazioni che avete letto nella prima e in questa seconda puntata rapportatele al mondo della ristorazione. Mettiamo che i turisti che arrivano dalle nostre parti decidano di optare per la Dieta Mediterranea o, quanto meno, per mangiare prodotti mediterranei. Tra pasta, pane, olio d’oliva extra vergine, ortaggi, frutta, pesce siamo sicuri che mangeranno tutti prodotti mediterranei?

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