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In Puglia pale eoliche e pannelli fotovoltaici al posto di ulivi secolari. La denuncia di Fuori dal coro. E in Sicilia con l’olio d’oliva…

L’epidemia di Xylella fastidiosa in Puglia (leggere qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Xylella_fastidiosa) è stata sfruttata per fare affari con le energie rinnovabili. In realtà, tantissime piante di ulivi pugliesi non sarebbero state infettare da questo batterio. Il finto pericolo è stato messo in piedi per “finalità geopolitiche estranee agli interessi nazionali”. E’ durissima l’accusa lanciata dai Carabinieri di Bari. Parole riprese dalla trasmissione televisiva di Rete 4 Fuori dal coro di Mario Giordano. Il quotidiano La Verità riprende un passo della relazione dei Carabinieri che lascia di stucco: la gestione di questo patogeno, in Puglia, non era frutto solo di “studi scientifici ma, piuttosto, visti i tempi e le dinamiche con cui la questione è stata trattata, si ritiene frutto di decisioni interessate, mediate da frange deviate di appartenenti alla ricerca scientifica e a decisori politico-economici”. Il tutto in uno scenario sinistro, con una “gestione dei dati epidemiologici e geografici manipolata”. Amare le conclusioni dei Carabinieri: “Pur disponendo di un vastissimo quadro indiziario e probatorio” non è stato possibile “dare un volto chiaro e definitivo” ai responsabili di questo scempio. Da qui la richiesta di archiviazione. Come per le stragi di Stato italiane tutto finisce nel nulla.

In questo caso torna la polemica sulla ‘scienza’ non si capisce al servizio di chi. E’ lo stesso schema che abbiamo vissuto con la pandemia, quando una terapia genica sperimentale è stata fatta passare come ‘vaccino’. E si punivano i cittadini che si ribellavano. In questa storia dalle moltissime ombre e dalle pochissime luci, bontà loro, hanno evitato di ‘punire’ i cittadini, soprattutto gli agricoltori, che hanno provato a difendere le coltivazioni di ulivi. Ci sono, ovviamente, responsabilità italiane a tutti i livelli. Ma ricordiamoci che la ‘testa del serpente’ è a Bruxelles. E’ l’Unione europea che ha deciso di smantellare parti importanti dell’agricoltura dell’Europa mediterranea per piazzare pale eoliche e pannelli fotovoltaici. La Puglia, per la cronaca, è la prima Regione italiana per la produzione di olive da olio e di olio d’oliva extra vergine. La seconda Regione è la Calabria e la terza Regione è la Sicilia. Insieme, queste tre Regioni meridionali producono il 90% dell’olio d’oliva extra vergine italiano. Non è certo un caso che l’Unione europea, per piazzare pannelli fotovoltaici e, in parte, pale eoliche si sia concentrata su Puglia e Sicilia. In Puglia l’attacco è stato portato, contemporaneamente, al grano duro e agli ulivi; in Sicilia l’attacco dell’Unione europea si è concentrato sul grano duro. Quelle che state leggendo non sono considerazioni ‘ideologiche’: parlano i fatti nudi e crudi. Proviamo a metterli insieme raccontando quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi.

Cominciamo con la Puglia. I Carabinieri che hanno indagato per oltre cinque anni sulla ‘presunta’ epidemia di Xylella tra gli uliveti pugliesi sono arrivati a conclusioni piuttosto gravi. Ma la Puglia è anche la prima Regione italiana per la produzione di grano duro. E, guarda caso, anche le distese di grano duro pugliese sono in pericolo. In questo caso la speculazione avviene sui prezzi. Ormai da anni, un mese prima della mietitura, nei porti pugliesi e siciliani arrivano navi cariche di grano duro estero. E’ quello che sta avvenendo in questi giorni. E infatti il prezzo del grano duro pugliese oscilla tra 30 e 31 euro al quintale. E’ un prezzo irrisorio, considerato che negli ultimi anni i costi di produzione del grano sono cresciuti a dismisura: è, di fatto, quasi raddoppiato il costo dei fertilizzanti ed è aumentato il costo dell’energia (aumento dei costi delle lavorazioni della terra e della mietitrebbiatura). L’obiettivo è scoraggiare i produttori di grano duro della Puglia e ‘convincerli’ ad affittare, meglio se vendere, i propri terreni agricoli ai ‘Signori’ del fotovoltaico e dell’eolico.

Le responsabilità, precise e facilmente individuabili, sono in capo all’Unione europea che, a partire dal 2006, ha stravolto i Regolamenti comunitari che regolano la presenza dei contaminanti nel grano. L’Ue ha abbassato la presenza di contaminanti nel grano (che si calcolano in parti per milione) proprio per consentire al grano estero di entrare nei Paesi dell’Unione europea. Prima del 2006, in materia di presenza di glifosato e micotossine DON, i Regolamenti comunitari erano severissimi a tutela della salute pubblica. Poi la solita ‘scienza’ ha deciso che sì, si potevano allargare le maglie sul glifosato e sulle micotossine DON. Con le maglie ‘allargate’ ormai da anni siamo invasi da grano estero – grano duro per produrre pasta e grano tenero per produrre dolci e pane – il prezzo del grano è crollato e, sempre più spesso, nelle aree agricole di Sud e Sicilia vediamo immense distese di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Sono fatti concreti, visibili da tutti, non ‘ideologie’.

Già, la Sicilia. Perché il fenomeno non riguarda solo la Puglia. In Sicilia ad essere preso di mira è il grano duro, anche se è in corso un tentativo di danneggiare anche gli olivicoltori siciliani. Per il grano duro – che nei terreni dell’entroterra della nostra Isola spesso non ha alternative, perché è l’unica forma di agricoltura che si può praticare – è lo stesso scenario che si registra in Puglia: arrivo di navi cariche di grano duro estero coltivato Iddio sa come, aumento dell’offerta, crollo del prezzo e, ovviamente, crisi. Con l’aggravante che in Sicilia, per motivi che non è facile comprendere, il prezzo del grano duro è sempre inferiore di due 2-3 euro al quintale rispetto al grano duro pugliese. Anche in Sicilia l’obiettivo è sempre lo stesso: ‘convincere’ gli agricoltori che producono grano duro ad affittare o a vendere i propri terreni ai ‘Signori’ del fotovoltaico.

Non solo grano duro. Anche in Sicilia c’è qualcosa che non va anche in materia di olio d’oliva extra vergine. Mettiamola così: in questo settore, o meglio, nel mercato al dettaglio sta succedendo ‘qualcosa’ di strano. Anche in questo caso parlano i fatti, che possono essere verificati recandosi nei centri commerciali e anche nei medi e piccoli supermercati. La produzione di olio d’oliva 2024-2025, in Sicilia, è stata bassa (la produzione annuale di olive e di olio d’oliva extra vergine si calcola sulla produzione dell’anno precedente: ciò significa che la produzione 2025 si calcola sulle olive raccolte tra Ottobre e Novembre del 2024). Per la cronaca, ci sono state zone della Sicilia dove il calo della produzione di olive è stato del 40%, del 50% e anche oltre. Il prezzo dell’olio d’oliva extra vergine a ‘bocca di frantoio’, in tutta la Sicilia, è stato di circa 10 euro al litro (‘a bocca di frantoio significa acquisto dell’olio d’oliva presso i frantoi). La cosa strana è che già a Gennaio di quest’anno nei centri commerciali campeggiavano bottiglie di olio d’oliva extra vergine a 8-9 euro a bottiglia. Volendo ci poteva stare. Poi il prezzo, piano piano, è cominciato a scendere. In questi giorni girando per i centri commerciali di Palermo abbiamo visto bottiglie di olio d’oliva extra vergine in ‘offerta’ a 4,99 centesimi di euro. Di certo non può essere olio d’oliva extra vergine siciliano. Non riusciamo a immaginare un imprenditore che acquista olio d’oliva extra vergine a 10 euro, magari anche a 9 euro per poi imbottigliarlo (costo da sostenere), distribuirlo (altro costo da sostenere) con il prezzo che poi precipita a 5 euro. C’è o no qualcosa che non funziona? Da dove arriva ‘sto benedetto olio d’oliva extra vergine che si vende a 7 euro, a 6 euro e adesso anche a 5 euro a bottiglia?

Giulio Ambrosetti

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