La politica italiana è in grado di capire quello che sta succedendo con i dazi doganali americani? Ed è in grado di essere al di sopra delle parti, evitando, come stanno invece facendo i leghisti, di difendere solo gli interessi del Nord Italia? Queste domande sorgono spontanee ascoltando le parole pronunciate da alcuni esponenti del Partito Democratico e da alcuni esponenti della Lega. Dalle parti del PD danno per scontato che l’accordo sui dazi doganali al 15% da parte degli Stati Uniti d’America sui prodotti dell’Unione europea sia un fatto oggettivamente negativo. Come abbiamo provato a illustrare in un precedente articolo (che puoi allegare qui), non è esattamente così. I punti negativi ci sono e riguardano in parte il commercio di beni e, in parte, le imposizioni USA che la Commissione europea di Ursula von der Leyen ha accettato. Ricordiamo che una prima parte dell’accordo era già stato siglato. Ora siamo alla seconda parte. Proviamo a illustrare questa seconda parte dell’accordo per grandi linee.
Il Segretario per il Commercio degli Stati Uniti, Howard Lutnik, dà un giudizio positivo. Ed è evidente, visto che l’America ci guadagnerà. Ma visto dalla parte dell’Europa non è un accordo equo né, tanto meno, bilanciato. Diciamo che si è passati un eccesso all’altro. Mentre prima dei dazi doganali voluti dall’amministrazione Trump l’Unione europea esportava negli USA beni senza limiti, spesso provocando proteste da parte degli americani, soprattutto per l’atteggiamento dei tedeschi, che esageravano con le esportazioni, e imponeva dazi elevati a certe produzioni americane, adesso le parti si sono invertite: gli americani hanno imposto dazi del 15% e hanno ottenuto l’eliminazione dei dazi europei su tutti i prodotti industriali provenienti dagli USA.
Non solo. Gli americani hanno anche ottenuto l’apertura dei mercati europei per i prodotti agricoli americani, per gli allevatori americani e per i prodotti ittici americani. Non finisce qui. L’arrivo – o se si preferisce l’invasione – di prodotti ittici americani potrebbe essere un problema per i pescatori del Nord Europa che l’Unione europea ha sempre protetto, là dove il pescato americano, cosa non improbabile, dovesse costare meno del pescato dei mari del Nord Europa. Potrebbe invece avere un effetto positivo in Italia, dove anche a causa degli ottusi regolamenti Ue sulla pesca, l’80% del pesce che si consuma in Italia arriva dall’estero. Nel nostro Paese, se non si formeranno ‘cartelli’ nel mondo del commercio – cosa purtroppo molto probabile – il prezzo del pesce dovrebbe diminuire. La seconda parte dell’accordo sui dazi siglato dalla Commissione europea si annuncia invece rovinoso per alcuni settori dell’agricoltura europea e per gli allevamenti europei. Un dato è certo: la Commissione europea di Ursula von der Leyen sta sacrificando l’agricoltura per tutelare altre produzioni, a cominciare dalle auto tedesche. Chi non ha capito questo non ha capito niente. In questo hanno ragione alcuni esponenti della Lega, che dicono che la von der Leyen ha condotto la trattativa per tutelare la Germania e non l’Unione europea nel suo insieme. Però sorge il dubbio che i leghisti si stiano lamentando perché gli accordi penalizzano soprattutto alcune produzioni industriali del Nord Italia e alcuni vini del Nord Italia.
C’è di più. Nella seconda parte di questi accordi commerciali si conferma l’acquisto, da parte dell’Unione europea, di 750 miliardi di dollari di petrolio e gas americani. E si conferma anche l’investimento di 600 miliardi di dollari da parte di gruppi imprenditoriali europei in America. Aziende europee che apriranno stabilimenti in America e pagheranno le imposte in America. Giustamente il mondo della cosiddetta ‘America First’ in queste ore esulta e parla di una “grande vittoria per i lavoratori americani”, per “l’industria degli USA” e per “la sicurezza nazionale statunitense”. Hanno ragione. L’amministrazione Trump ha scaricato sull’Unione europea il costo della guerra in Ucraina: e questo ci sta, perché è l’Unione europea – con le eccezioni di Ungheria e Slovacchia – che difende l’Ucraina e vuole che la guerra continui. Ci sta anche il fatto che l’Ue acquisterà gas e petrolio USA dal momento che siamo schierati contro la Russia. Non ci sta proprio il fatto che le imprese europee vadano ad investire 600 miliardi di dollari negli USA. E, anche se corretta, l’apertura del mercato europeo ai prodotti industriali, agricoli, zootecnici e ittici americani è una grande fregatura per il sistema economico europeo. La domanda da cento punti è: perché la von der Leyen ha firmato un accordo così penalizzante per l’Unione europea? E’ politicamente stupida? Tutt’altro. La signora von der Leyen conta di salvare almeno il 50% della produzione di auto tedesche esportando tali auto in America a dazi bassissimi. La von der Leyen non ha fatto gli interessi dell’Ue: al contrario, ha fatto gli interessi della Germania. Semmai, stupidi, politicamente parlando, sono i Paesi europei che rimangono nell’Unione europea per farsi penalizzare dalla Germania.
Con rispetto parlando, tornando al ruolo della politica italiana, appaiono grottesche e per certi versi fuorvianti le accuse che alcuni esponenti di primo piano del Partito Democratico rivolgono al Governo di Giorgia Meloni. L’accordo con l’amministrazione Trump, infatti, non l’ha siglato la Meloni ma la citata presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Peraltro, gli esponenti del PD hanno sempre invitato il Governo italiano a delegare la trattativa alla Commissione europea, perché la Ue, dicevano, deve restare unita. Oggi gli esponenti del PD dovrebbero fare autocritica, invece di fare propaganda, scaricando su altri le proprie responsabilità politiche. Il fatto che il Partito Democratico non ha certo titoli per attaccare la Meloni salva l’attuale Governo italiano dal disastro di questo accordo? Assolutamente no! Ricordiamo che alle ultime elezioni politiche Fratelli d’Italia, il partito della Meloni, si è presentato al cospetto degli elettori con il volto ‘sovranista’ ed ‘euroscettico’.
Appena ha messo piede a Palazzo Chigi, la sede del Governo italiano, la Meloni ha fatto quello che hanno fatto i grillini nel 2018: si è convertita al cosiddetto ‘europeismo’ e ha piazzato addirittura un proprio esponente nella Commissione europea von der Leyen. Oggi ne paga le conseguenze. Anzi, le farà pagare agli italiani. Se l’Italia avesse trattato con Trump singolarmente, i cittadini del nostro Paese, compresi agricoltori e pescatori, sarebbero stati meglio tutelati. Ciò posto, la ‘disperazione’ di certi imprenditori italiani va presa con le pinze. Perché se c’è una parte dell’accordo che risulta positivo per l’Italia è proprio la parte commerciale. Ma di questo scriveremo nella seconda puntata.
Fine prima puntata/ Continua
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