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L’Unione europea per sostenere l’Ucraina non potrà utilizzare i fondi russi custoditi in Belgio ma dovrà convincere i 27 Paesi a indebitarsi. Saranno tutti d’accordo? Mah…

Fino a qualche settimana fa, per l’Unione europea, utilizzare il denaro della Russia depositato in Belgio, presso la società finanziaria Euroclear, sembrava un obiettivo quasi raggiunto. Si sarebbe trattato di acciuffare 200, forse 250 miliardi di euro di asset russi in euro da immolare in Ucraina nella guerra contro la Russia. E’ toccato al Governo belga illustrare come stanno le cose. La prima mossa del Governo russo, dopo l’eventuale scippo, hanno sottolineato i belgi, sarebbe una denuncia alle autorità internazionali. I governanti Ue sono abituati ad agire con disinvoltura – come hanno fatto, ad esempio, con l’acquisto dei controversi vaccini anti-Covid – perché tanto, alla fine, l’ultima parola spetta alla Magistratura europea. E così è stato. E infatti lo scandalo dell’acquisto dei citati vaccini da parte della Commissione europea è stato ‘insabbiato’. La stessa cosa è avvenuta con lo scandalo dei parlamentari europei presi con i sacchi pieni di soldi: inchiesta ‘insabbiata’ anche in questo caso. Non sarebbe così per l’eventuale prelievo dei soldi russi dal fondo belga, perché l’ultima parola non spetterebbe alla Magistratura europea ma ad altre autorità internazionali. In questo i belgi è stati chiarissimi: la Commissione europea ha mano libera, può prendersi i soldi russi, firmando però una liberatoria in favore delle autorità del Belgio: a risponderne, insomma, sarebbero i governanti dell’Unione europea.

Già questa ‘precisazione’ ha frenato gli ardori della Commissione europea. Se le autorità internazionali dovessero decidere che l’Unione europea deve eventualmente restituire i soldi della Russia finiti all’Ucraina chi pagherebbe? Pagherebbero i governanti europei o i cittadini europei, cioè i 27 Paesi Ue? Di più: le autorità del Belgio hanno fatto presente che ci sarebbero altri due problemi. Primo problema: anche in Russia ci sono beni europei sotto forma di società, depositi e altro. I russi potrebbero rivalersi su questi beni. Di conseguenza l’Unione europea sarebbe chiamata a risarcire gli imprenditori o i cittadini europei che perderebbero i propri beni o i propri depositi in Russia. Un gran casino. Secondo problema: in Europa non ci sono solo asset russi sotto forma di euro, ci sono altri asset di altri Paesi del mondo in euro. I risparmiatori di tanti Paesi del mondo, se dovessero assistere alla confisca degli asset russi da parte degli europei, si allarmerebbero. E potrebbero fare due più due: così come hanno confiscato 200 o 250 miliardi di euro alla Russia, i governanti dell’Unione europea potrebbero prendersi anche i nostri soldi. Meglio togliere i nostri soldi in euro dal fondo belga e trasferirli in un altro Paese: magari ce ne andiamo negli Stati Uniti d’America dove il presidente Donald Trump, a caccia di risorse, ci farà ponti d’oro. Se tale eventualità si dovesse materializzare gli effetti negativo per la tenuta dell’euro sarebbero inevitabili. Questo spiega perché, nei giorni scorsi, i ‘capi’ dell’Unione europea hanno rinviato a Dicembre la questione. In realtà, il prelievo dei fondi russi dal Belgio è una vicenda archiviata. Gli unici a insistere per prendere i soldi russi dal fondo belga sono i governanti del Regno Unito. Ed è anche logico: questo Paese è fuori dall’Unione europea e, in caso di controversia, non verrebbe chiamato a pagarne le conseguenze. Quando si gioca con il ‘culo’ degli altri – in questo caso con i governanti Ue o con i cittadini dell’Unione europea – tutto sembra facile. E gli inglesi, storicamente colonialisti, non abituati a sfruttare gli altri Paesi.

Le considerazioni che state leggendo sono ovvietà per chi ‘mastica’ un po’ di economia. Possibile che i vertici dell’Unione europea non ne sapevano nulla degli effetti negativi dell’eventuale confisca degli asset russi e hanno avuto bisogno delle spiegazioni delle autorità del Belgio per evitare problemi? Si dice che a pensar male si fa peccato, però qualche volta s’indovina. C’è chi sussurra che questa storia della confisca degli asset russi da parte Ue ci possa essere lo zampino di Paesi che vorrebbero facilitare la fuga dei risparmiatori dall’Unione europea verso gli Stati Uniti d’America. Il citato Regno Unito è tradizionalmente legato agli americani e non c’è da stupirsi se i governanti inglesi, in queste ore, continuino a ribadire che sì, gli asset russi si possono utilizzare per aiutare l’Ucraina. A quanto pare ci sarebbero altri Paesi Ue i cui governanti sono convinti che il via allo scippo dei fondi russi depositati in Belgio verrà dato a Dicembre. E non è facile capire se la pensino così perché non vogliono più far pagare ai propri cittadini altri aiuti all’Ucraina, o se, sottobanco, sono d’accordo con gli Stati Uniti d’America, pronti, come abbiamo già accennato, ad accogliere a braccia aperte i risparmiatori che scapperebbero dall’Unione europea.

Arriviamo così al nodo centrale di questa storia. I governanti dell’Unione europea avrebbero voluto prendersi i 200-250 miliardi di euro custoditi nel fondo belga perché non ne possono più di pagare le spese della guerra in Ucraina. Tra l’altro, nell’accordo sui dazi siglato la scorsa Estate da Trump e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è previsto che la Ue acquisti armi, petrolio e gas dagli americani. Le armi dovrebbero servire agli europei per riarmarsi ma anche per darle all’Ucraina. Appurato che la Commissione europea non potrà confiscare i soldi russi custoditi in Belgio, i governanti Ue dovranno mettere in atto un ‘Piano B’, perché l’Ucraina di Volodymyr Zelenskyj chiede con sempre più insistenza armi, soldati e missili a lungo raggio per colpire in profondità la Russia. Gli europei non potranno fornire all’Ucraina soldati e missili a lungo raggio ma le armi da consegnare agli ucraini le dovranno. O meglio, le dovranno acquistare dagli Stati Uniti d’America. Ma per acquistarle ci vogliono i soldi, tanti soldi. Decine e decine di miliardi di euro. Dove e come trovarli? Secondo il quotidiano statunitense The Politico o Politico, la Commissione europea sta preparando un documento che prevede tre possibili opzioni. Prima opzione: emissione di debito comune per sostenere l’Ucraina. Seconda opzione: utilizzare comunque i beni russi, anche a rischio di far pagare eventuali danni ai cittadini europei. Terza opzione: non sostenere più l’Ucraina (soluzione caldeggiata dall’Ungheria, dalla Slovacchia e da qualche altro Paese Ue).

Non ci vuole molto a capire che l’unica via percorribile è l’emissione del debito comune europeo. Ma questo scatenerebbe le ire dei Paesi europei oggi in grande difficoltà economica: ma come, non abbiamo mai fatto debito comune per aiutare i Paesi europei in difficoltà e ora che facciamo? Ci indebitiamo per sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia? Facciamo l’esempio dell’Italia: in questo momento il Governo di Giorgia Meloni sta prelevando da banche e assicurazioni 5 miliardi di euro per la manovra economica e finanziaria 2026, senza una previsione di legge che impedisca alle stesse banche e alle stesse assicurazioni di rivalersi sui correntisti e sui titolari delle assicurazioni. Il dubbio – che in realtà è più di un dubbio – è che in questo momento sia in corso una recita tra Governo Meloni e vertici di banche e assicurazioni, perché questi tre soggetti sanno benissimo che, senza una previsione di legge (che fino a questo momento nono c’è) con controlli accurati, a pagare questi 5 miliardi di euro saranno i cittadini. Se l’Unione europea dovesse decidere di fare debito comune per finanziare l’Ucraina, il Governo Meloni dovrebbe o tagliare su sanità, scuola o su altri servizi, o appioppare agli italiani o una nuova tassa o una nuova imposta. E nessuno parla dei dieci milioni circa di profughi ucraini presenti nell’Unione europea con costi che vengono tenuti nascosti.

Anche se l’insofferenza cresce pure su questo versante. Non tutti i Paesi europei se la passano bene e anche questi costi – ribadiamo: tenuti nascosti, perché di queto argomento non si parla – cominciano a pesare. Tant’è vero che ci sono Paesi europei che hanno iniziato a ridurre i fondi stanziati per i profughi ucraini. E la situazione si complica, perché con i bombardamenti a tappeto dei russi contro le infrastrutture elettriche dell’Ucraina in molte città di questo Paese manca la luce per alcune ore del giorno. E’ chiaro che se non verrà trovata una soluzione non è da escludere una nuova ondata migratoria di ucraini verso i Paesi dell’Unione europea. Sono argomenti che non vengono quasi mai trattati per non preoccupare i cittadini europei. Ma il problema esiste, perché i bombardamenti dei russi non danno tregua.

Giulio Ambrosetti

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