Nella prima puntata del nostro ‘viaggio’ tra i dazi doganali che l’America di Donald Trump ha appioppato all’Unione europea abbiamo cercato di sottolineare il fatto che i problemi li ha creati la Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen. Questa signora ha fatto quello che la Germania ha fatto da quando è nata l’Unione europea: utilizzare l’Ue per difendere gli interessi dell’economia tedesca. Prendersela con il Governo italiano di Giorgia Meloni perché non ha difeso l’economia italiana è demagogia allo stato puro. Chi ha seguito con un po’ di attenzione questa vicenda – che come illustreremo appresso ancora non è del tutto conclusa – sa che, da parte dell’Unione europea, è stata seguita una strategia folle: affidare alla Commissione europea la trattativa per conto dei 27 Stati Ue. Una stupidaggine. Perché la Commissione europea è presieduta da una tedesca che, lo ribadiamo, ha fatto gli interessi della Germania. Chi attacca il Governo Meloni dicendo che “ha gestito male la trattativa” o non capisce niente e non ha seguito l’andamento delle trattative, o è in malafede e fa, lo ribadiamo, demagogia da quattro soldi.
Sulla trattativa la Meloni non ha responsabilità. Peraltro, si è adeguata al Partito Democratico e, in generale, a tutti gli ‘europeisti’ italiani che hanno sempre detto e ribadito che l’Unione europea si doveva presentare alla trattativa con l’Amministrazione americana di Donald Trump con un’unica voce. E così è stato: ha fatto tutto la von der Leyen, “l’unica voce” che ha provato a difendere l’economia tedesca sulla pelle di quasi tutti gli altri Paesi Ue. Peggio per i Paesi europei che oggi si trovano davanti a un accordo rovinoso. Come si usa dire in questi casi, chi è causa dei suoi mal pianga se stesso. La Germania è riuscita a guadagnarci qualcosa? In questo momento, sì e no. Ma la von der Leyen spera di far avvantaggiare la Germania nella terza fase della trattativa sui dazi con gli USA di cui, chissà perché, si parla pochissimo. Nella terza fase della trattativa, che è in corso, la Commissione europea proverà a penalizzare ulteriormente alcuni Paesi Ue – e tra questi l’Italia – in cambio di una riduzione dei dazi americani sulle auto europee che oggi sono, per lo più, auto tedesche. Attualmente i dazi USA verso l’Europa sono al 15%, fatta eccezione per alluminio e acciaio, che sono al 50%. La Commissione europea, nella terza fase della trattativa, sta cercando di convincere Trump e compagni a portare al 6-7% i dazi sulle auto europee, pardon tedesche, in cambio di nuove penalizzazioni per altri prodotti italiani e di nuove agevolazioni per le produzioni americane da far arrivare in Europa. Questa è la von der Leyen. Questa è la Germania. Questa è l’Unione europea controllata dai tedeschi. Tutto il resto è fuffa.
L’accordo è rovinoso. Soprattutto per la parte che riguarda gli esborsi dell’Unione europea per acquistare armi americane e per investire risorse finanziarie europee negli USA. Sulla parte commerciale, pur trattandosi di dazi doganali e nonostante la scorrettezza politica della signora von der Leyen, paradossalmente l’Unione europea, o almeno alcuni Paesi Ue, ne escono bene e, in alcuni casi, potrebbero anche avvantaggiarsi. Vediamo per grandi linee come stanno le cose. La seconda parte dell’accordo prevede dazi del 15% da parte degli USA sulla maggior parte dei prodotti europei. Vengono colpite le automobili, i prodotti farmaceutici, i semiconduttori e il legname. L’Unione europea eliminerà i dazi sui prodotti industriali americani dei quali si è sempre parlato pochissimo. Eh sì, perché l’Unione europea che si professava globalista per esportare beni in America, manteneva dazi, in alcuni casi esosi, su alcune produzioni americane. Trump, di fatto, ha costretto l’Unione europea a smantellare questi dazi. Non è finita. L’Unione europea dovrà importare, sempre senza dazi, i prodotti ittici americani. Per la prima volta da quando esiste l’Unione europea, il Nord Europa, che grazie all’alleanza con la Germania ha fatto i cavoli propri, si dovrà ‘sciroppare’ il pescato americano. Per l’Italia questo non sarà un problema, perché anche a causa degli ottusi regolamenti sulla pesca dell’Ue, il nostro Paese importa oggi l’80% del pesce che consuma, anche se il dato viene tenuto nascosto per non far sapere ai cittadini italiani che mangiano per lo più pesce che arriva dall’Asia. Adesso in Italia arriverà anche il pesce dagli Stati Uniti d’America a dazio zero.
Diverso il discorso per gli agricoltori europei: tutti gli agricoltori europei verranno danneggiati dall’accordo sui dazi USA-Ue. Tutti e non soltanto gli agricoltori dell’Europa mediterranea che l’Unione europea penalizza da un ventennio e forse più. Nei Paesi Ue arriveranno i prodotti agricoli americani a dazio zero: cosa, questa, che assesterà un colpo a tutti gli agricoltori europei. La nota positiva è che ci sarà più spazio per il grano americano che, sotto il profilo qualitativo, è di gran lunga migliore del grano canadese che, in alcuni casi, è ‘ricco’ di glifosato.
Arriviamo, così, alla terza parte dell’accordo, quella che interessa la Germania. O meglio, le auto che i tedeschi cercheranno di vendere negli Stati Uniti. In questo momento, come già accennato, i dazi sono al 15%. Ma la Germania, pardon, la Commissione europea controllata dalla Germania, ha chiesto dazi più bassi, almeno per un certo numero di auto. Quel furbacchione di Trump non ha detto no, ma ha chiesto una contropartita: ovvero agevolazioni per la vendita di prodotti americani in Europa. In questo momento si sta decidendo quali produzioni europee sacrificare per favorire l’export di auto tedesche in Germania. Non è detto che i cittadini europei vengano informati su questa terza parte dell’accordo sui dazi tra UE e USA.
I dazi doganali americani sono un fenomeno mondiale, perché tantissimi Paesi del mondo esportano i propri prodotti negli USA. Poiché i dazi che l’amministrazione americana di Donald Trump ha posto a carico dei prodotti dell’Unione europea sono più bassi dei dazi che gli stessi americani hanno posto versi i prodotti di altri Paesi, è chiaro che, almeno per certe produzioni, i Paesi Ue non vengono penalizzati. Certo, appena un prodotto europeo arriva nel suolo americano chi lo ha esportato dovrà pagare il 15%. Ma altri Paesi pagheranno di più. Per certe produzioni questo è un vantaggio, non uno svantaggio. Magari non sarà così per tutte le produzioni europee, ma per alcune produzioni europee il vantaggio è un fatto oggettivo. Lo scenario è complesso e va esaminato con esempi concreti.
Partiamo da un prodotto che, per comodità, chiamiamo X. Supponiamo che ci siano quattro Paesi che esportano questo bene X negli USA. La logica che l’amministrazione Trump sta seguendo, nei limiti del possibile, nell’applicazione dei dazi, è quella di penalizzare i Paesi dove il costo del lavoro è basso perché esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Può succedere che i prodotti di manifattura italiana, che sono tra i migliori al mondo, prima dei dazi, si trovavano a competere con tre Paesi di manifattura scadente ma a costi più bassi grazie allo sfruttamento del lavoro umano. Anche se i manufatti italiani costavano al consumatore americano un po’ di più riuscivano comunque a ritagliarsi una fetta del mercato americano, soprattutto tra i ceti benestanti. Con i dazi cambia tutto. I prodotti europei pagano il 15%. Ma ci sono Paesi che competono con l’Italia che pagano il 20%, il 25%, il 30%, il 35% e qualcuno, non sappiamo perché di questa sottigliezza, il 39%. Eclatante il caso del Brasile che, per esportare i propri beni negli USA, deve pagare il 50%: ma in questo caso la motivazione non è economica e commerciale ma politica. Ebbene, mentre prima dei dazi i manufatti italiani dovevano competere alla pari nel mercato americano con altre produzioni, sicuramente più scadenti ma meno costose, adesso, grazie ai dazi doganali, competono con manufatti più scadenti che hanno lo stesso prezzo o, addirittura, che costano di più. Ovviamente, non è così per tutti i prodotti ma in alcuni casi, anzi, in molti casi è così. Per il resto, non vediamo altri elementi positivi.
Che dire, in conclusione? Abbiamo scritto all’inizio che il Governo Meloni non ha responsabilità. Tecnicamente è così, perché le trattative le ha gestite la Germania, pardon, la Commissione europea di Ursula von der Leyen. Che, lo ribadiamo ancora una volta, ha difeso gli interessi del suo Paese, la Germania, non gli interessi dell’Unione europea. La presidente Giorgia Meloni ha responsabilità politiche pesanti, perché avrebbe dovuto sapere che la von der Leyen avrebbe difeso gli interessi della Germania. Vero è che alcune produzioni italiane verranno avvantaggiate, come già illustrato. Ma, nel complesso, l’accordo USA-Ue è rovinoso e massacrerà le finanze dell’Unione europea. Alcune imprese italiane guadagneranno, altre perderanno, ma lo Stato italiano ci rimetterà un sacco di soldi insieme con gli altri 26 Paesi Ue.
Seconda puntata/ fine – leggi la prima parte
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