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Pepper: il primo robot umanoide progettato per l’interazione sociale con gli esseri umani. L’intervista al professore Antonio Chella. 

di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista 

L’intelligenza artificiale (AI): un campo di studio dell’informatica che mira a riprodurre, attraverso le macchine, alcune capacità cognitive degli esseri umani, come apprendere, ragionare, percepire, comprendere un linguaggio naturale, risolvere problemi e prendere decisioni.

Un esempio mirabile di tale innovazione tecnologica ormai inarrestabile, oggi a Palermo, è visionabile presso l’Università degli Studi di Palermo; ce ne parla il rappresentante dell’Ente acquisitore del robot umanoide Pepper, Antonio Chella, professore Ordinario di Robotica, Direttore del Laboratorio di Robotica, Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Palermo. 

Professore Chella, chi ha inventato Pepper, dove e quando è stato inaugurato?

“Pepper è stato sviluppato da Aldebaran Robotics, azienda francese successivamente acquisita da SoftBank Robotics, in stretta collaborazione con il gruppo giapponese SoftBank. La sua prima presentazione ufficiale si è tenuta a Tokyo nel giugno 2014, quando Masayoshi Son, CEO di SoftBank, lo ha introdotto al mondo come il primo robot umanoide specificamente progettato per l’interazione sociale con gli esseri umani. Nel nostro laboratorio di Robotica dell’Università di Palermo abbiamo acquisito Pepper nel 2015, quasi immediatamente dopo il suo lancio commerciale in Europa, riconoscendone  il potenziale come piattaforma per studiare l’interazione uomo-robot a livello cognitivo e sociale. Abbiamo infatti condotto alcuni dei primi studi italiani sull’utilizzo di Pepper in contesti educativi e terapeutici”.

Quali sono i requisiti tecnici di Pepper? Come riesce a parlare, muoversi, addirittura ballare, ovvero grazie a quali circuiti? Come fa a capire le domande a lui poste e a generare le relative risposte? 

“Dal punto di vista tecnico, Pepper è un robot umanoide che misura 120 cm di altezza e pesa circa 28 kg, dotato di 20 gradi di libertà nei suoi movimenti. Il suo sistema sensoriale include microfoni direzionali, telecamere, sensori tattili nelle mani e nella testa, e una base mobile con tre ruote omnidirezionali. Nel nostro laboratorio abbiamo esteso le capacità native di Pepper implementando algoritmi cognitivi originali che migliorano la sua comprensione contestuale. In particolare, abbiamo sviluppato un’architettura cognitiva ispirata ai modelli di coscienza artificiale su cui ho lavorato negli ultimi vent’anni. Questa architettura permette a Pepper di elaborare le informazioni su più livelli: dalla semplice percezione sensoriale alla rappresentazione simbolica, fino alla simulazione di una forma primitiva di consapevolezza del contesto. Per la comprensione e generazione del linguaggio, oltre agli algoritmi standard di NLP, abbiamo integrato modelli linguistici avanzati che permettono conversazioni più naturali e contestualizzate. I movimenti fluidi di Pepper, inclusa la capacità di ballare, sono possibili grazie a un sistema di controllo motorio che coordina i servomotori distribuiti elle sue articolazioni, sistema che abbiamo ottimizzato con algoritmi specifici per migliorare l’espressività dei gesti, aspetto fondamentale per l’interazione sociale”. 

Quale è il suo utilizzo incluso quello terapeutico? 

“L’utilizzo di Pepper in ambito terapeutico è uno dei filoni di ricerca principali del nostro laboratorio di robotica. Abbiamo studiato l’uso dei robot come Pepper e NAO, un robot simile al Pepper ma più piccolo, nel supporto a bambini con disturbi dello spettro autistico, in collaborazione con la Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza dell’ASP di Palermo. I nostri studi hanno dimostrato come l’interazione con il robot possa facilitare l’apprendimento di competenze sociali in un ambiente controllato e non giudicante. Abbiamo esplorato applicazioni educative, implementando in Pepper programmi interattivi testati in scuole palermitane, con risultati incoraggianti soprattutto per quanto riguarda la possibilità di usare i robot come strumento per favorire l’inclusione e la collaborazione. Recentemente, con l’I.C. Marconi di Palermo, abbiamo allestito una recita scolastica in cui i protagonisti erano i ragazzi della secondaria di primo grado, inclusi i ragazzi speciali, insieme al Pepper; la sceneggiatura della recita è stata scritta dai ragazzi stessi. Abbiamo avuto inoltre una collaborazione con il Centro SLA di Palermo; nell’ambito di questa collaborazione, i malati di SLA controllavano e facevano muovere i nostri robot indossando un caschetto simile a quello utilizzato per 

gli elettroencefalogrammi. Attualmente stiamo studiando l’applicazione di questi robot per aiutare i “giovani anziani” a casa, nelle case di cura, in comunità, a seguire uno stile di vita sano da prepararli ad un invecchiamento dolce”.

Perché il nome Pepper? Ha un particolare significato? 

“Il nome “Pepper” significa “pepe” in inglese, scelto per evocare l’idea di “aggiungere sapore” alle interazioni umane. Ho spesso riflettuto su questa metafora, che rispecchia la nostra filosofia di ricerca: non vogliamo creare robot che sostituiscano l’interazione 

umana, ma che la arricchiscano e la potenzino. Questo concetto è centrale nei nostri studi sulla robotica cognitiva e sull’interazione uomo-robot, dove cerchiamo di sviluppare sistemi che fungano da mediatori e facilitatori di relazioni umane più significative, piuttosto che come sostituti”. 

Lei pensa che un giorno l’IA sostituirà completamente l’uomo? Se si, quali le conseguenze planetarie? Che ruolo rivestono in questo passaggio l’empatia e la capacità di provare emozioni e di possedere creatività, non solo conoscenze immesse?

“Sulla questione se l’IA sostituirà l’uomo, la ricerca che conduciamo nel nostro Laboratorio di Robotica suggerisce che una sostituzione completa è altamente improbabile e non è desiderabile. I nostri studi sulla coscienza artificiale e sui modelli cognitivi robotici evidenziano come esista un divario fondamentale tra l’elaborazione algoritmica, anche la più sofisticata, e l’esperienza cosciente umana. Nei numerosi esperimenti condotti con Pepper e altri robot cognitivi, abbiamo osservato che anche quando implementiamo architetture che simulano processi cognitivi avanzati, rimane assente quella dimensione che caratterizza l’esperienza umana. L’empatia che possiamo programmare in un robot come Pepper è fondamentalmente diversa dall’empatia umana: la prima è basata su regole e riconoscimento di schemi, la seconda su una reale comprensione esperienziale dello stato emotivo altrui, il “sentire qualcosa”. Nel nostro laboratorio, stiamo esplorando i confini tra cognizione artificiale e umana, studiando come le due forme di intelligenza possano integrarsi e collaborare. I nostri progetti più recenti si concentrano proprio su modelli ibridi di cognizione, dove 

intelligenza umana e artificiale operano in sinergia, ciascuna nelle aree in cui eccelle. Questa visione di futuro, basata sulla complementarità piuttosto che sulla sostituzione, è quella che emerge con maggiore forza dai nostri studi e che ritengo personalmente più plausibile e auspicabile”