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Ponte sullo Stretto di Messina: il Ministro Salvini presenta l’accordo di programma. Si parte con 2 miliardi di euro tolti a Sicilia e Calabria

E’ ripresa in queste ore la solita telenovena del Ponte sullo Stretto di Messina. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, retto dal ‘capo’ della Lega, Matteo Salvini, sbandiera l’accordo di programma sottoscritto dai rappresentanti dello Stato, delle due Regioni interessate – Sicilia e Calabria – da Rete ferroviaria, dall’ANAS e bla bla bla. Impegni di qua, grandi appalti di là. Una solfa che abbiamo già conosciuto con il Governo Berlusconi 2001-2006: insomma, tutto già visto.

Forse le novità potrebbero essere le opere accessorie al Ponte: lungomare di Villa San Giovanni, alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria e altro ancora. Anche se non abbiamo capito da dove spunteranno fuori i soldi, considerato che il momento storico, tra riarmo e guerre commerciali, non promette nulla di buono. Come illustreremo appresso, un po’ di soldi il Ministero delle Infrastrutture li ha già scippati alla Regione siciliana e alla Regione Calabria. Non sono mancate le polemiche al vetriolo. Ma poi tutto, a quanto pare, si è concluso con una ‘bicchierata’, visto che il Governo nazionale di centrodestra ha ‘alleggerito’ di un bel gruzzolo di soldi la Regione siciliana e la Regione Calabria amministrate entrambe sempre dal centrodestra. I fregati sono i cittadini di Sicilia e Calabria che, in cambio del Ponte che vedranno Iddio sa quando, non vedranno mai alcune opere pubbliche che sono state ‘cassate’ per finanziare il Ponte sullo Stretto di Messina.

Anche per non vendere fumo ai lettori, diciamo subito che si sta ripetendo il copione che abbiamo visto vent’anni fa con il citato Governo Berlusconi dell’epoca: l’annuncio in pompa magna dell’opera del secolo, le illustrazioni dotte di opere di qua e di opere di là e, supponiamo, anche la progettazione. Grandi parole fanno parte del canovaccio che si dovrebbe concludere a ridosso della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2027. Rispetto al 2006, quando il Governo di quegli anni arrivò a fine legislatura solo con le progettazioni (che comunque era un bel ‘boccone’), il Ministro Salvini vorrebbe arrivare con qualcosa in più: magari le fondamenta no, e nemmeno gli espropri delle circa 450 abitazioni da demolire (300 circa in Sicilia e 150 circa in Calabria) che a ridosso del voto non pagano, ma qualche cosa di concreto ci dovrà essere. Ma, a onor del vero, non abbiamo la fantasia di ipotizzare che cosa di concreto spunterà nella Primavera del 20027.

Detto questo, non si può nascondere che l’idea stessa del Ponte sullo Stretto di Messina va in netta controtendenza rispetto alle grandi opere pubbliche in corso di realizzazione in Sicilia. Come abbiamo già raccontato in un’inchiesta a puntate, l’ultima grande opera pubblica completata nella nostra Isola negli ultimi vent’anni è l’autostrada Palermo-Messina che, in verità, non è un ‘gioiellino’: anzi (qui puoi allegare l’inchiesta). Da qui una domanda: ma se in Sicilia, da decenni, sono in corso di realizzazione grandi opere stradali e ferroviarie che non sono mai state completate, perché dovremmo credere che il Ponte sullo Stretto di Messina verrà completato entro il 2032? E perché dovremmo credere che costerebbe 13,5 miliardi di euro, quando i costi di opere stradali e ferroviarie in corso di realizzazione in Sicilia sono lievitati enormemente rispetto ai costi preventivati?

C’è poi il significato culturale del Ponte sullo Stretto di Messina. L’opera, che pure interessa da vicino i siciliani e i calabresi, viene per l’ennesima volta presentata senza aver sentito prima cosa ne pensano i cittadini di queste due Regioni. Non sarebbe stato corretto un referendum tra i cittadini di Sicilia e Calabria? Si chiama Democrazia. Ancora: non è un po’ fastidioso che a ripresentare il progetto del Ponte, calato dall’alto, sia un Ministro di una parte politica che è nata anche in contrasto verso i meridionali? O dobbiamo dimenticare che i leghisti, in anni non lontani, gridavano “Forza Etna” e scrivevano nei muri delle abitazioni del Nord Italia: “Non si affitta ai meridionali”? Anche le pressioni ‘europeiste’ potrebbero non essere condivise da tutti gli abitanti della Sicilia e, perché no?, anche della Calabria. Dicono che il Ponte di Messina serve per tenere ancorata la Sicilia all’Europa, per non fare ‘scivolare’ la nostra Isola verso la Libia ormai russo-turca, con la ‘benedizione’ della Cina. Ma è lecito pensare che la Sicilia potrebbe avere una vocazione mediterranea piuttosto che europea? Il discorso non cambia: perché non farlo decidere ai siciliani?

Non è un mistero che l’Unione europea ha sempre guardato con al Ponte sullo Stretto di Messina. Bene. Ma allora perché non l’ha finanziato? In effetti, per un momento è sembrato che Bruxelles avrebbe finanziato la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina con i fondi del Pnrr. Poi tutto è sfumato. Così il Ministro Salvini, non sapendo dove trovare i soldi per iniziare a far qualcosa per il Ponte, ha deciso di prelevarli dal Fondo di sviluppo e coesione: 718 milioni di euro dalla quota che fa capo alle amministrazioni centrali mentre 1,6 miliardi di euro verrebbero tolti a Sicilia e Calabria. Una decisione che ha scatenato aspre polemiche. Alla fine, ammesso che tutto proceda bene, il leghista Salvini inizierà la realizzazione del Ponte di Messina con i soldi dei siciliani e dei calabresi. Da dove arriveranno gli altri soldi, circa 11 miliardi e mezzo di euro, non l’abbiamo capito. Magari ci sbagliamo, ma a noi questo modo di procedere sembra molto raffazzonato.

Chi ha un po’ di memoria ricorderà che, a fine anni ’80, l’IRI e l’ENI si contendevano la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e il resto d’Italia. L’IRI aveva pronto il progetto per il Ponte. L’ENI rispose con un progetto di tre tubi, dal diametro di una decina di metri, che avrebbero dovuto attraversare, sott’acqua, lo Stretto di Messina. Due tubi per le automobili e un tubo per i treni. Qualche anno prima, per la precisione nel 1987, l’allora Ministro dei Trasporti, il siciliano Calogero Mannino, aveva nominato la prima commissione tecnica per lo studio di fattibilità del Ponte, ottenendo i finanziamenti necessari dall’allora dal Ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Con la fine della Prima Repubblica e con la ‘svendita’ di una parte degli asset italiani (a cominciare dall’IRI, fatto a ‘pezzi’ e ceduto, per la felicità dei tedeschi e dei francesi, che hanno sempre avversato le Partecipazioni statali italiane per pura invidia), il Ponte scompare per quasi un decennio. Come abbiamo ricordato, lo riesuma Berlusconi Si dice che il progetto si sia bloccato perché il centrodestra, anche se per un soffio, perse le elezioni politiche del 2006. Questo è vero solo in parte. In realtà, il Ministro del Governo Prodi 2, Antonio Di Pietro, si rifiutò di azzerare tutto. Ricordiamo ancora la sua dichiarazione: “Noi non siamo d’accordo per il progetto del Ponte del passato Governo. Ma è giusto che l’idea e il progetto restino. Chi verrà dopo di noi deciderà”. Due anni dopo, nel 2008, a Palazzo Chigi è tornato Berlusconi. Che non ha ripreso il progetto del Ponte. C’è chi dice che gli era passata la voglia e chi dice che la situazione economica non permetteva di rilanciare l’opera. Oggi si torna al punto di partenza. Ribadiamo, nel contesto economico attuale qualche dubbio c’è.

Giulio Ambrosetti

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