macron (foto italpress) - mediaoneonline.it
Ma è un modo per sfuggire alla realtà: la crisi economica, politica e sociale della Francia rischia di frantumare i già traballanti equilibri Ue
Il dubbio è che l’enfasi posta dai vertici dell’Unione europea sullo sconfinamento di droni russi (privi di esplosivi) nei cieli della Polonia – fatto peraltro non nuovo – nasconda, in realtà, la grande preoccupazione per la situazione economica, politica e sociale che si è creata in Francia dove il Governo di Francois Bayrou è stato cacciato via a furor di popolo, subito sostituito da Sébastien Lecornu. E’ noto che l’Unione europea, da quando è stata varata dal moneta comune euro, si è sostanziata sul dominio incontrastato di Germania e Francia. Oggi questi due Paesi sono in grande crisi. Non, come si potrebbe pensare, a causa dei dazi doganali americani, ma per la crisi del sistema globalista che la svolta economica impressa dalla presidenza americana di Donald Trump ha soltanto accelerato e accentuato. La crisi dell’auto tedesca e, in generale, la crisi economica della Germania è già in atto da alcuni anni. Il fattore che l’ha provocata è in parte la crisi della globalizzazione e, in parte, il costo crescente dell’energia frutto della guerra in Ucraina. Da Paese alleato della Russia, la Germania oggi capeggia l’Unione europea nella guerra economica contro il Paese di Vladimir Putin. Il gas russo a basso prezzo che affluiva in Europa, da quasi tre anni è ormai un pallido ricordo. Ne arriva poco e non va in Germania. L’impoverimento dei Paesi europei ha ridotto la domanda di auto tedesche nel Vecchio Continente. Il colpo di grazia è arrivato con i dazi doganali americani al 15% appioppati all’Ue. Tant’è vero che la Germania, aggirando quello che ormai è il feticcio dell’unità economica e politica dell’Unione europea, sta trattando direttamente con il Governo federale statunitense di Trump, trasferendo alcuni stabilimenti automobilistici negli USA (qui puoi allegare l’ultimo articolo).
Se la Germania, sotto il profilo economico, è in grande difficoltà, in Francia lo scenario è molto più cupo e molto più grave. Si dice che l’Italia abbia un debito pubblico elevato: e, in effetti, poco più di 3 mila miliardi di ‘buco’ non sono una sciocchezza, se è vero che il nostro Paese paga ogni anno oltre 100 miliardi di euro di interessi sul debito. Ebbene, in Francia la situazione è ancora più grave, se è vero che il debito pubblico di questo Paese ‘viaggia’ intorno a 3 mila e 500 miliardi di euro, con un rapporto Debito/PIL che, in pochi anni, è passato dal 60% al 113%. Una situazione estremamente grave, nonostante gli aiuti impropri di cui la Francia ha usufruito, ad esempio, dalla Banca Centrale Europea (BCE), presieduta, non a caso, dalla francese Christine Lagarde. Di recente si è scoperto che la BCE non ha messo in pagamento i titoli del debito pubblico francese in barba agli altri Paesi europei che invece pagano: non si tratta di un ‘aiutino’ di poco conto: anzi!
Sulla crisi economica della Francia si parla tanto. Si sa, ad esempio, che solo dopo grandi proteste popolari il Paese del presidente Emmanuel Macron è riuscito a portare l’età pensionabile a 62 anni. E sappiamo, l’abbiamo visto in questi giorni, che il Governo di Francois Bayrou è caduto proprio sul tentativo di far approvare dall’Assemblea nazionale, ovvero il Parlamento francese, una manovra di contenimento delle spese.
Il sistema politico francese è particolare: è il presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo che nomina il presidente del Consiglio, il quale, a propria volta, sempre di concerto con il presidente della Repubblica, nomina i Ministri. Il problema è che, in Parlamento, il presidente della Repubblica Macron non ha più una maggioranza. Il primo partito politico francese è il Rassemblement National, una formazione di destra capeggiata da Marine Le Pen; il secondo partito è La France Insoumise, formazione politica di sinistra capeggiata da Jean-Luc Mélenchon. Mentre il partito politico fondato da Macron, La République En Marche! o semplicemente En Marche!, è una formazione di stampo liberista, sostenuta dai banchieri e dal sistema globalista, che ormai nel Paese è minoranza ed è in caduta libera. Né la destra di Le Pen, né la sinistra di Mélenchon vogliono sostenere i Governi che Macron si ostina a nominare.
Il Rassemblement National e La France Insoumise chiedono le dimissioni di Macron e nuove elezioni presidenziali. Il problema è che il sistema politico francese non impone al presidente della Repubblica le dimissioni anche in assenza di una maggioranza in suo sostegno in Parlamento. Così, a ‘norma di legge’, il presidente Macron fa il pesce dentro il barile e di dimettersi dall’Eliseo, la sede della presidenza della Repubblica francese, non ne vuole proprio sapere. Il mandato presidenziale di Macron, eletto per la seconda volta consecutiva nel 2022, scade nel 2027. Siccome la legge glielo consente, Macron, come già sottolineato, non si vuole dimettere. Ma in alternativa alla legge francese, in verità un po’ bizzarra, c’è la volontà popolare francese che, storicamente, non è meno importante della legge: basti pensare alla rivoluzione francese…
Insomma, la Francia è in rivolta. Già una prima, grande protesta popolare è andata in scena qualche anno fa con i Gilet Gialli.
Oggi la situazione è molto più complicata. Già le proteste popolari hanno coinvolto alcuni licei, dove non sono mancati gli scontri con la Polizia. Nei giorni scorsi oltre 200 persone sono state arrestate a Parigi e nei sobborghi della città. La gente scende in piazza al grido di “Blocca tutto”. E siamo soltanto all’inizio. Come già accennato, a guidare le proteste popolari sono i due più grandi partiti che, a differenza di quanto avviene in altri Paesi europei, non sono guidati da pagliacci che si presentano agli elettori come alternativi all’Unione europea, per poi andarsi a consegnare agli ‘europeisti’ in cambio di trattative cervellotiche e, magari, di benefici e prebende personali. Il Rassemblement National e La France Insoumise sono formazioni politiche serie che non fanno sconti. Figuriamoci se andranno dietro a Macron e al suo nuovo primo Ministro che, peraltro, si è già presentato al cospetto dei francesi con una proposta che suona un po’ tragicomica. Stando a quanto leggiamo in un post di un canale Telegram, di solito molto informato sui temi di politica estera, Sébastien Lecornu ha dichiarato che “ai francesi sarà proposto di destinare i propri risparmi al riarmo del Paese e allo sviluppo del complesso militare-industriale. Coloro che vorranno investire in modo patriottico potranno finanziare programmi di armamento e industria. Non acquisteremo all’estero creeremo ricchezza in casa nostra. ha detto. Il rendimento di tali investimenti sarà modesto, ma gli investimenti potranno essere considerati patriottici”.
Non sappiamo fino a che punto un appello del genere potrà fare breccia nel popolo francese. Ma due elementi sono noti. Il primo l’abbiamo già sommariamente descritto: e cioè che i cittadini francesi non accetteranno mai tagli al bilancio, aumento dell’età pensionabile, tagli a pensioni e retribuzioni, tagli alla sanità pubblica e alla scuola pubblica. Queste cose possono andare bene in Italia, dove la volontà popolare è in crisi, basti pensare che a votare vanno, sì e no, 4 o, al massimo, 5 elettori aventi diritto su 10. Ai Governi italiani è stato possibile massacrare i cittadini italiani, ma i cittadini francesi, storicamente, non si fanno massacrare dai loro governi. Il secondo elemento del quale non parla quasi nessuno è che la Francia, negli ultimi due-tre anni, ha perso buona parte dell’influenza che esercitava in Africa. La Francia è stata l’ultimo Paese europeo colonialista nel Continente africano.
L’alto tenore di vita che i governi francesi hanno assicurato ai propri cittadini derivava anche dalle rimesse delle 14 colonie africane e, soprattutto, dalle risorse minerarie a prezzi irrisori, se non stracciati, che la Francia ha drenato all’Africa, uranio in testa. Lo sviluppo impetuoso dell’energia atomica francese è stata sostenuta dall’uranio africano a basso prezzo. Oggi non è più così. Oggi l’Africa ‘parla’ in buona parte cinese e russo. Alcune colonie francesi sono ormai ex colonie francesi e le altre sono in rivolta. Questo, per la Francia, è un fattore di impoverimento. Come finirà? Macron cercherà di resistere, ma senza un Governo con la maggioranza in Parlamento è destinato a soccombere. Più Macron resisterà, più la situazione economica e sociale francese si aggraverà. La preoccupazione dell’Unione europea è che la Francia, caduto Macron, rifiuti di farsi commissariare dalla stessa Ue e rifiuti di riconoscere il citato debito pubblico di 3 mila e 500 miliardi di euro. In una parola, il timore, molto fondato, degli ‘europeisti’ è che, dopo Macron, la Francia lasci l’Unione europea determinando il crollo della stessa Ue. Questo spiega perché in questi giorni, invece di parlare della crisi francese senza uscita, in Europa si parla dello sconfinamento dei droni russi in Polonia. Un modo per esorcizzare un futuro a tinte fosche che sembra già scritto.
Il colmo è stato toccato dalla nota Bbc, la televisione pubblica inglese che, lo ricordiamo,…
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