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Trump dichiara guerra ai ‘cartelli’ della droga sudamericani e al sistema criminale che gestisce il traffico di esseri umani dal Messico al Texas

Nel silenzio quasi generale, lontano dai riflettori, il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha dichiarato guerra ai ‘cartelli’ della droga sudamericani. Una mossa a sorpresa, che il capo della Casa Bianca ha formulato in un ordine esecutivo che non è stato reso noto. O meglio, è stato reso pubblico dal quotidiano New York Times. E non si capisce se sia stato uno ‘scoop’ del giornale, o se sia stata la stessa amministrazione americana a fare in modo che la notizia venisse fuori nella settimana di Ferragosto. In ogni caso, la notizia è allarmante per il Messico e per la Cina, due Paesi che non sono certo indifferenti al traffico di stupefacenti verso gli USA.

Ovviamente, è un problema anche per i ‘cartelli’ della droga del Sudamerica. E’ dal Messico, piaccia o no al Governo di questo Paese, che i migranti con la droga – i cosiddetti corrieri al servizio dei ‘cartelli’ – arrivano in America passando il confine con il Texas, confine che l’amministrazione Trump sta cercando di bloccare, tra le proteste dei ‘progressisti’ che in Occidente tutelano “i poveri migranti”, di fatto appoggiando la tratta di essere umani. Come avviene in Europa, dove a governare la tratta di persone sono gruppi criminali del Nord Africa, che operano non senza la benevolenza di Cina e Russia, anche in Messico operano gruppi criminali che governano il traffico di esseri umani verso gli Stati Uniti passando per il Texas.

In questo grande affare si ‘infilano’ i ‘cartelli’ della droga del Sudamerica, che infiltrano i ‘corrieri’ carichi di droga – cocaina (la droga dei benestanti) e fentanyl (la droga degli zombie: https://www.marionegri.it/magazine/fentanyl-cos-e-la-droga-degli-zombie-e-quali-sono-gli-effetti) – da far arrivare negli Stati americani, a cominciare dalla California ma non solo.
Trump sta colpendo duramente questo sistema criminale. Lo aveva cominciato a fare durante il suo primo mandato, tra il 2016 e il 2020, iniziando la costruzione di un muro per dividere il Texas dal Messico. Operazione riuscita a metà, perché le anime belle hanno messo in mezzo la ‘solidarietà umana’ e i ponti al posto dei muri. Poi sono arrivate le elezioni presidenziali ‘taroccate’ del Dicembre 2020 ‘vinte’ (o quasi) dal Democratico Joe Biden. Vittoria che Trump non ha mai riconosciuto. Per l’attuale presidente USA, infatti, quelle elezioni sono state “rubate” dai Democratici. Con l’arrivo di Biden alla Casa Bianca le ‘maglie’ tra Messico e Texas sono state allargate e negli USA è cresciuto il numero di morti a causa della droga (qui un articolo: https://www.equivalente.it/it/news/4875-usa-allarme-decessi-overdose-da-oppiacei.html). Con il ritorno di Trump al Governo federale degli Stati Uniti le ‘maglie’ al confine tra Messico e Texas si sono di nuovo ristrette e il presidente proverà a dare un’ulteriore stretta nei limiti del possibile. Eh già, perché Trump deve tenere conto che i Paesi americani agricoli, a cominciare dagli agrumicoltori di Florida e California, richiedono migranti, che sono manodopera agricola a basso costo, proprio come avviene in Europa. La partita che sta giocando l’attuale amministrazione americana è complicata: deve fare entrare un certo numero di migranti, regolarizzando la loro presenza e, contemporaneamente, deve cercare di fermare il traffico di droga. Un obiettivo che Trump intende raggiungere coinvolgendo il Pentagono, la sede del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America.

La svolta impressa da Trump ha messo in allarme il Messico, che di fatto governa il passaggio dei migranti; ha messo in allarme i ‘cartelli’, che già in questi primi mesi hanno visto ridotto il traffico di droga; e, di conseguenza, crea problemi alla Cina, Paese che fornisce ai ‘cartelli’ i precursori chimici del fentanyl. E’ evidente che queste tre realtà perderanno una barca di soldi. Come già ricordato, nella settimana di Ferragosto, mentre fervono i preparativi per l’incontro in Alaska fra Trump e il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin (con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i leader dell’Unione europea lasciati fuori dalla porta), mentre Julien Assange, cofondatore e caporedattore dell’organizzazione divulgativa WikiLeaks chiede di incontrare Trump scatenando il panico tra i Democratici americani (qui un articolo: https://www.thehour.info/tremano-i-democratici-americani-julian-assange-linventore-di-wikileaks-che-ha-svelato-i-segreti-militari-americani-chiede-di-incontrare-trump-per-spifferargli-la-corruzione-tra-le-elite-democrati/), cosa ti combina Trump? Dichiara guerra ai ‘cartelli’ della droga sudamericani: il Cartel de los Soles, il Tren de Aragua e il Cartello di Sinaloa.

Trump sta mandando avanti il Dipartimento della Difesa, chiamato, come scrive scenari economici.it, “a condurre operazioni militari dirette contro alcuni cartelli della droga latinoamericani, designati come Organizzazioni Terroristiche Straniere (FTO)”. La reazione della presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, non si è fatta attendere. Perché? Perché teme che i militari americani entrino in Messico per colpire i ‘cartelli’. Una mossa forse poco meditata, quella della presidente messicana. Insomma, è come se stesse ammettendo che il suo Paese consenta ai ‘cartelli’ di operare in Messico: non è proprio il massimo! Il quotidiano scenari economici.it riporta una dichiarazione che la presidente messicana ha rilasciato al New York Times: “Gli Stati Uniti non verranno in Messico con i militari. Cooperiamo, collaboriamo, ma non ci sarà un’invasione. Questo è escluso, assolutamente escluso”. Con molta probabilità, la mossa di Trump è stata tattica: è come se volesse dire alla presidente messicana: ti sto dando il tempo per bloccare i criminali che gestiscono il traffico di essere umani tra il tuo Paese e il Messico e anche per ‘spiegare’ ai protagonisti dei ‘cartelli’ che, da questo momento, cominciamo a sparare addosso a chi prova a far entrare droga negli Stati Uniti.

Giulio Ambrosetti

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