di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista e scrittrice
È stata inaugurata lo scorso 4 luglio per concludersi il prossimo 13 Settembre, estendendosi per tre saloni del Real Albergo delle Povere, a Palermo, la mostra “Solo che amore ti colpisca”, ideata e curata da Helga Marsala e il cui titolo cita un’intensa lirica del sommo poeta Salvatore Quasimodo.
Un intrigante percorso antologico che include un piccolo corpus di opere inedite, realizzate ad hoc dalle firme di differenti artisti quali Salvatore Arancio, Adalberto Abbate, Daniele Franzella, Stefania Galegati, Ignazio Mortellaro, Studio Descrittivo di Base (Antonio Nuvoli, Antonio Orlando, Alessandro Di Giugno), Sergio Zavattieri e Francesco De Grandi, in collaborazione con Fabio Sgroi, per una rilettura visiva della poesia di Salvatore Quasimodo che dà il titolo alla mostra.
Tre le Sale interessate all’esposizione, rese maggiormente fruibili da un’apposita guida cartacea, dai contenuti cosmico-antropologici che, in questa sede, si tenterà di delineare, senza pretesa di esaustività, rinviando alla visita diretta per ogni ulteriore, e non completamente veicolabile da terzi, emozione poetico-artistica.
Ecco allora immergersi nella Sala 1 dedicata al Mistero delle Origini, di “quel portare alla luce” quale ossessione scientifica e artistica. Visionabili bella loro maestosità frammenti di templi, tombe antiche, grotte millenarie, in questo contesto spiccano senz’altro gli scatti panoramici di Fabio Sgroi dedicati a diversi siti archeologici siciliani. Non meno interessante il tema del paesaggio intorno a cui ruota la sezione allestita nell’altra metà del salone primo tra rocce, minerali, vulcani, astri. All’ingresso della sala 2 il visitatore viene invece introdotto nel reame dell’umano, che si declina in una dimensione politica e di piazza, in cui spiccano le fotografie di Gianni Cipriano il cui sguardo si posa su manifesti elettorali strappati o manifestanti in strada sventolanti le agende rosse di Borsellino.
Di notevole interesse la visione della fragilità umana racchiusa sempre in Sgroi e in Lia Pasqualino negli scatti di un gruppo di pazienti incrociati tra i corridoi dell’ex Ospedale psichiatrico di Palermo, e più avanti nel caldissimo terreno della migrazioni vissute come necessità di cambiamento o di sopravvivenza.
È molto complesso, a parere della scrivente, riportare ciò che ogni visitatore accorto potrà ammirare nella sala terza dedicata alle Memorie, a “Quello che resta” e che raffigura il senso del tempo, sostanza della fotografia e nutrimento della memoria. E qui vale ciò che resta del paesaggio quando la nebbia diviene metafora di uno spazio-tempo sospeso, vale il luogo segnato da terremoti e attentati, come quello dell’opera di Cipriano nella serie 1992 dedicata alla strage di Capaci.
Poesie e testi che si affiancano a installazioni e stampe lungo un percorso segnato, letteralmente, dalle mani di Quasimodo che fanno da emblema di questa mostra atemporale e che sono osservabili in Sala tre attraverso l’Opera di Federico Patellani recante per titolo “Le mani di Quasimodo posate su di un manoscritto autografo” datato 1964.
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