Accordo sul Bilancio federale tra Repubblicani e Democratici? Intanto è un accordo a tempo. E sui militari americani NATO in Europa il presidente Trump…

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Davvero è stato trovato l’accordo tra Repubblicani e Democratici americani per sbloccare lo shutdown che da oltre 40 giorni tiene bloccati servizi essenziali di questo Paese? Le cronache raccontano questo. Ma considerato che c’è di mezzo anche la CNN, mezzo d’informazione mai tenero con l’attuale presidente USA, Donald Trump, forse è meglio conservare qualche dubbio. Anche perché l’attuale capo della Casa Bianca ci mette poco o nulla a smentire certe tesi ufficiali, specie se arrivano da una fonte vicina al Partito Democratico.

Prima di entrare nel dettaglio proviamo a illustrare cos’è lo shutdown. In estrema sintesi, è la mancata approvazione del Bilancio federale. In un Paese nel quale 50 Stati sono legati da un patto di stampo federalista non è certo una cosa di poco conto. Al contrario, è un problema serissimo, perché il Bilancio è la più importante legge dell’anno di qualunque Parlamento, perché senza questo strumento finanziario non si può governare. Ebbene, la legge americana stabilisce che, per approvare il Bilancio federale, serve la maggioranza qualificata, ovvero il voto favorevole dei due terzi del Parlamento. Negli Stati Uniti d’America è quasi impossibile che i Repubblicani o i Democratici raggiungano la maggioranza qualificata in Parlamento. Questa legge è stata voluta per ridurre il potere del Presidente USA e costringerlo, di fatto, a venire a patti con l’opposizione per l’approvazione della più importante legge dell’anno. Andando indietro nel tempo si ricorda lo shutdown che bloccò per un paio di settimane l’amministrazione del Democratico Bill Clinton. O il blocco del Bilancio federale per l’amministrazione, sempre Dem, di Barack Obama. Anche Trump, durante la sua prima elezione, nel 2017, ha subito lo shutdown.

Per semplificare, a volere lo shutdown è sempre il partito di opposizione, nel caso di oggi il Partito Democratico. Questa volta i Dem americani hanno esagerato un po’: l’attuale shutdown, che ha superato i 40 giorni, è il più lungo nella storia degli Stati Uniti. Perché i Democratici hanno voluto un blocco del Bilancio federale così lungo? In primo luogo, per avvantaggiarsi nelle elezioni. Quando l’America deve fare i conti con lo shutdown si bloccano alcuni servizi essenziali e tanti cittadini appioppano la responsabilità a chi governa. Operazione riuscita, perché i Democratici hanno vinto le elezioni in Virginia e New Jersey. Sulle elezioni di New York l’effetto è stato nullo, perché Zohran Mamdani, 34 anni, avrebbe vinto lo stesso. Questo perché Trump si è rifiutato di aiutare il candidato Democratico, Andrew Cuomo, e non ha appoggiato il candidato del suo partito, il repubblicano Curtis Sliwa. Dopo le elezioni i media hanno lanciato la notizia dell’accodo raggiunto sul Bilancio federale tra Repubblicani e Democratici. Anche se non manca qualche osservatore che la vede in modo un po’ diverso. Perché in questa fase, come ora proveremo a illustrare, sono i Democratici ad aver interesse a porre fine allo shutdown.
Come già accennato, in assenza del Bilancio federale approvato, i dipendenti pubblici che lavorano presso gli uffici federali e, in generale, presso società che dipendono dai fondi federali non vengono pagati. L’amministrazione Trump ha fatto di più: come aveva annunciato l’attuale presidente, centinaia di migliaia di dipendenti federali sono stati licenziati. I Democratici, in cambio del voto favorevole al Bilancio, chiedono la riassunzione di questi dipendenti licenziati.

Che ha risposto Trump? Non si capisce. La sensazione è che il presidente voglia assumere altre persone al posto di quelle che ha licenziato. Sempre a causa dello shutdown alcuni noti aeroporti statunitensi sono stati chiusi al traffico perché i controllori di volo non sono stati pagati. Su questo punto, per quello che si capisce, l’amministrazione Trump sarebbe d’accordo, perché nelle ultime settimane sono saltati migliaia di voli con disagi enormi per i cittadini statunitensi. E poiché si avvicina la ‘Festa del Ringraziamento’ né ai Repubblicani, né ai Democratici interessa rovinare ai cittadini un anniversario che in America viene considerato importante. Ci sarebbero anche il programma di assistenza alimentare per circa 40 milioni di americani e il finanziamento delle spese sanitarie per una classe di cittadini. Sul primo punto sembra che l’accordo ci sia, sulla sanità, o meglio sui fondi che l’amministrazione Trump ha tagliato ai meno poveri non sembra che ci sia accordo: da quello che si racconta, il presidente potrebbe tirare dritto e andare allo scontro con i Democratici.

C’è, infine, un punto che, forse, è il più importante: i fondi per la NATO in Europa bloccati dallo shutdown. Questo e il taglio ai fondi nella sanità sono i punti deboli del Partito Democratico e sono, al contrario, i punti di forza dell’amministrazione Trump. Nei fatti, indirettamente, lo shutdown voluto dal Partito Democratico, bloccando i fondi per la NATO in Europa, ha bloccato una quota importante di aiuti finanziari all’Ucraina. Si sa che la NATO è schierata con il Paese di Volodymyr Zelen’skyj. Senza gli aiuti della NATO per l’Ucraina è un bel problema. Non a caso i russi, proprio nelle ultime settimane, hanno incrementato i bombardamenti distruggendo un gran numero di infrastrutture elettriche in Ucraina. Persino le televisioni occidentali sono state costrette ad ammettere che buona parte dell’Ucraina non è soltanto al buio: è anche priva di acqua. Un caos totale. Con la Russia che non molla la presa e prosegue a bombardare senza sosta. Il blocco dei fondi americani per la NATO – oltre 5 miliardi di dollari – sta mettendo in grande difficoltà anche l’Unione europea, grande alleata dell’Ucraina. La Commissione europea contava di acciuffare i fondi russi – circa 250 miliardi di euro – custoditi presso il fondo belga Euroclear. Ma il Governo del Belgio, oltre ad essere contrario a tale ipotesi, ha chiesto precise garanzie. Siccome i russi, nel caso in cui la Commissione europea dovesse decidere di utilizzare i fondi russi custoditi in Belgio per sostenere l’Ucraina, si rivolgerebbero alle autorità internazionali, che con molta probabilità darebbero ragione al Paese di Putin, il Governo belga ha chiesto che, in caso di un pronunciamento favorevole ai russi, tutt’e 27 Paesi Ue dovrebbero rispondere dell’eventuale restituzione di tale somma.

La posizione assunta dal Governo belga ha bloccato tutto. Tanto che si era deciso di rinviare la questione a Dicembre. Ma è spuntato un altro problema: l’Ucraina deve restituire un prestito di circa 140 miliardi di euro ma non ha questi soldi. Potrebbe intervenire il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Che non ha detto no, ma ha chiesto che tale prestito venga garantito dall’Unione europea. Con quali soldi? O con i fondi russi che si trovano in Belgio, oppure i 27 Paesi Ue dovrebbero tassarsi o, al limite, indebitarsi. E qui si sono rotti i telefoni: perché alcuni Paesi dell’Unione europea non si vogliono indebitare per l’Ucraina. Per non parlare del fatto che Ungheria e Slovacchia si potrebbero mettere di traverso per bloccare qualunque intervento in favore dell’Ucraina. E siccome occorre l’unanimità dei 27 Paesi Ue il caos è totale. Di più: sembra che se la Commissione europea si prenderà i fondi tutti, i cinesi e i sauditi potrebbero ritirare i propri investimenti in euro, con gravi danni per la stabilità della moneta unica europea. In questo caos si è inserito lo shutdown che ha bloccato i fondi NATO per l’Europa. I Democratici americani spingono per sbloccare almeno questi fondi. Ma Trump prende tempo. In effetti, se si va a vedere in che cosa consiste l’accordo tra Repubblicani e Democratici sul Bilancio federale, ci si accorge che il voto favorevole del Senato ha sbloccato solo una parte dei fondi federali: e li ha sbloccati fino al 31 Gennaio del prossimo anno. La confusione, anche su questo punto, non manca. Di solito, un Bilancio non si approva ‘a termine’: si approva per tutto l’anno. E’ chiaro che, in questo caso, le distanze tra Trump e i suoi avversari rimangono.

In questa storia, dai contorni poco chiari, c’è anche il timore dell’Europa. Trump ha già in parte smantellato le truppe NATO nel Vecchio Continente. Da oltre 40 giorni – i giorni dello shutdown – i militari americani NATO non vengono pagati. Il presidente americano fa un po’ il pesce dentro il barile: l’accordo sul Bilancio è a termine, deve ancora essere approvato dal Congresso degli Stati Uniti e poi toccherà all’amministrazione federale, che si prenderà i propri tempi tecnici per sbloccare, ribadiamo, solo una parte dei fondi federali. Verranno sbloccati anche gli stipendi dei militari NATO presenti in Europa? Li pagherà, con anticipi, l’Unione europea? In questo caso chi anticiperà questi fondi? Oppure Trump sta cogliendo la palla al balzo per richiamare questi soldati americani NATO in patria, lasciando, è proprio il caso di dirlo, con il ‘culo a terra’, la NATO, l’Ucraina e l’Unione europea? Non è un’ipotesi campata in aria, perché l’attuale presidente USA ha sempre detto che la guerra in Ucraina non è la sua guerra e che, se nel Dicembre 2020 non gli avessero ‘rubato’ le elezioni presidenziali, la guerra in Ucraina non sarebbe mai scoppiata…