Addio foto dei figli sui social, questa SENTENZA stravolge tutto | Questa la lista delle cose da NON pubblicare

Famiglia e felicità - foto (C) Mediaoneonline.it
Per tutti coloro che pensavano che le immagini dei figli pubblicate online fossero “semplici ricordi”… ecco come si esprime la legge
E’ qualcosa che vediamo ogni giorno, nel mondo d’oggi: i social network sono diventati un po’ come un’estensione della nostra quotidianità. Ogni giorno milioni di immagini vengono condivise, raccontando storie personali, momenti di gioia, successi o semplicemente attimi di vita vissuta. Questa abitudine si è diffusa anche tra le “celebrità”: genitori famosi che postano foto dei propri figli, contribuendo alla costruzione dell’“identità digitale” dei minori fin dalla nascita.
Uno dei casi più noti è stato quello di Fedez e Chiara Ferragni, che per anni hanno condiviso immagini del piccolo Leone e poi della secondogenita Vittoria. Scatti teneri, festeggiamenti, viaggi di famiglia: contenuti diventati virali. Ma se nel 2024 il loro divorzio ha cambiato le dinamiche comunicative, il trend non si è arrestato. Anche Belen Rodriguez, ad esempio, ha spesso mostrato il volto di Santiago e successivamente della figlia Luna Marì, attirando l’attenzione di media e follower.
Non sono certo casi isolati: da Michelle Hunziker con le figlie, o ad esempio a Ilary Blasi, passando per influencer meno noti ma seguitissimi, il desiderio di condividere la genitorialità online è una tendenza che ha preso piede ovunque. Tuttavia, dietro quella che sembra una scelta spontanea e affettuosa, si celano implicazioni legali e morali tutt’altro che banali.
La domanda fondamentale è: i genitori hanno davvero il diritto di esporre i propri figli al giudizio del web? E, soprattutto, fino a che punto la legge protegge i minori dalla sovraesposizione? Chiariamo qualche punto, così come ha fatto la legge
Una sentenza che cambia (definitivamente?) il futuro
Il Tribunale civile di Milano ha recentemente pronunciato una sentenza destinata a fare scuola. Il giudice ha chiarito che la pubblicazione online di immagini di minori, da parte di uno o entrambi i genitori, comporta una piena responsabilità giuridica, anche in assenza di dolo. Chi esercita la responsabilità genitoriale ha il dovere di proteggere la dignità e la riservatezza dell’immagine del proprio figlio.
La sentenza afferma un principio chiave: i genitori non sono solo “autori” delle immagini, ma veri e propri custodi giuridici della loro diffusione. La mancata valutazione dei rischi legati alla condivisione può comportare gravi conseguenze: trattamento illecito dei dati personali, violazioni della privacy, persino l’infrazione di provvedimenti d’autorità secondo l’art. 650 del Codice Penale. Secondo il quadro normativo vigente, dunque, l’immagine di un minore è un diritto inviolabile tutelato da più fonti legislative. L’articolo 10 e l’articolo 2043 del Codice Civile sanciscono la possibilità di risarcimento per danni derivanti da un uso improprio dell’immagine. L’art. 96 della legge sul diritto d’autore, inoltre, prevede che non si possa utilizzare o divulgare l’immagine di una persona, se non con il suo consenso – consenso che, nel caso dei minori, dev’essere ponderato e responsabile.

Ma adesso serve una nuova legge?
Cerchiamo di chiarire ancor di più: il provvedimento milanese non stabilisce cosa sia ammesso o vietato, ma afferma un principio generale: ogni condivisione dell’immagine di un figlio deve essere preceduta da una seria valutazione del contesto, delle finalità e del possibile impatto sul benessere psicologico del minore. Il solo desiderio del genitore non basta: serve buon senso e tutela della dignità.
Inoltre, l’utilizzo delle immagini a fini commerciali o di marketing – come spesso avviene nelle collaborazioni sui social – espone il minore a un rischio di oggettivazione, violando i principi della Carta di Nizza e dei diritti fondamentali del fanciullo. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: serve una normativa nuova per proteggere meglio i minori nel mondo digitale? Il Tribunale di Milano risponde con fermezza: non è necessaria. Le leggi già esistono e, se applicate correttamente, garantiscono una protezione sufficiente. Il problema risiede nella mancata applicazione coerente e nella scarsa consapevolezza da parte degli adulti. Servono, in questo senso, forse una maggiore sensibilità, formazione e – probabilmente – anche strumenti tecnologici in grado di segnalare automaticamente i contenuti sensibili prima della pubblicazione.