Altro che Canone Rai, arriva la STANGATA definitiva sugli italiani | Per guardare la TV servono oltre 300 euro l’anno

Rai insegna (calcioefinanza.it) - mediaoneonline.it

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Guardare la televisione in Italia è diventato un lusso che pesa sempre di più sulle tasche degli italiani: ecco perché 

Ogni anno, le famiglie italiane devono affrontare una lunga serie di tasse e tributi obbligatori, spesso sottovalutati ma economicamente rilevanti. Si parte dall’IMU per chi possiede una seconda casa, passando per l’IRPEF, fino ad arrivare a imposte come la TARI e la TASI. E poi c’è lui, immancabile: il Canone Rai, una tassa che divide l’opinione pubblica e che da decenni accompagna gli italiani.

Il Canone Rai è stato introdotto in Italia nel 1938, inizialmente solo per chi possedeva una radio. Negli anni, si è esteso alla televisione ed è diventato progressivamente obbligatorio per chiunque abbia un apparecchio TV. Oggi viene automaticamente addebitato nella bolletta dell’energia elettrica, rendendo quasi impossibile evitarlo.

Tuttavia, esistono dei modi per non pagarlo: chi non possiede un televisore può presentare una dichiarazione sostitutiva all’Agenzia delle Entrate. Lo stesso vale per alcune categorie, come gli anziani con reddito basso o gli stranieri residenti temporaneamente. E proprio questa imposta è tornata a far discutere, anche tra le file parlamentari.

Negli ultimi anni, infatti, si è parlato con insistenza in Parlamento della possibile abolizione del Canone Rai. Alcuni partiti lo considerano un balzello anacronistico e propongono soluzioni alternative per finanziare il servizio pubblico, magari con fondi diretti dello Stato o con un abbonamento volontario.

Non solo canone, ma quante spese… invisibili

Ma il Canone Rai è solo la punta dell’iceberg. Esistono numerose tasse e canoni paralleli che spesso passano inosservati. Tra questi, c’è il canone per l’uso delle frequenze nei locali pubblici, o il contributo per le biblioteche SIAE, richiesto a chi diffonde musica in luoghi aperti al pubblico.

Ci sono poi i canoni di concessione per l’utilizzo di beni demaniali, come spiagge o suolo pubblico. Tutti questi costi funzionano con logiche simili a quella del Canone Rai: si paga per accedere o usufruire di un servizio, anche se spesso lo si fa senza rendersene pienamente conto.

telecomando tv - foto archivio mediaoneonline.it
telecomando tv – foto archivio mediaoneonline.it

Dalla frammentazione ad un spesa crescente

Nel frattempo, l’evoluzione tecnologica e l’esplosione dello streaming hanno portato le famiglie a nuove scelte. Guardare contenuti in TV oggi significa sottoscrivere più abbonamenti: Netflix, Prime Video, Disney+, Now TV, DAZN… ognuno con il proprio costo, il proprio catalogo e il proprio pubblico. Il risultato è che, per vedere tutto, bisogna combinare più servizi. Se uniamo al Canone Rai (attualmente 90 euro l’anno) l’abbonamento base a Netflix (6,99€/mese) e Disney+ (5,99€/mese), si superano facilmente i 160 euro annui. Aggiungendo un altro servizio, come Prime Video o DAZN, si arriva anche a oltre 300 euro all’anno.

Il palinsesto tradizionale non basta più: chi desidera una programmazione ricca, varia e aggiornata, deve pagare. E mentre RaiPlay rimane una delle poche opzioni gratuite, è evidente che il concetto di “TV pubblica per tutti” oggi sia più teorico che reale. Purtroppo il Canone Rai non è l’unico a far spendere un sacco di soldi agli italiani. E per godere davvero di un’offerta televisiva ampia, moderna e internazionale, ci vogliono almeno 300 euro l’anno. Una cifra che fa riflettere su come, da “diritto alla cultura”, si sia passati a un lusso per pochi.