Confcommercio, a rischio 200mila posti di lavoro causa illegalità

In Italia almeno 30mila imprese del commercio, della ristorazione e della ricettività sono oggi a elevato rischio usura: lo rileva una stima dell’ufficio studi Confcommercio. Nel paese l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi quasi 31 miliardi di euro e mette a rischio circa 200mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto è pari al 6,3%. In
dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 8,7 miliardi di euro, quello nella ristorazione pesa per 4,8 miliardi, la contraffazione
per 4,1 miliardi, il taccheggio per 4,3 miliardi. Gli altri costi
della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive)
ammontano a 6 miliardi e i costi per la cybercriminalità a 2,8
miliardi. I dati Confcommercio sulla presenza di
fenomeni illegali nel 2021 fotografano una situazione che vede gli
imprenditori del Mezzogiorno più preoccupati che nel resto
d’Italia. Di fronte a richieste di denaro e minacce della
criminalità la risposta più gettonata dalle imprese è la denuncia,
con il 66,7% degli imprenditori del sud che vedono nella denuncia
lo strumento di contrasto più adeguato (contro il 58,4% della
media nazionale); un altro dato più accentuato rispetto al resto
d’Italia riguarda la ricerca di aiuto di altre associazioni di
categoria (36,3% nel Mezzogiorno contro il 33,7% nazionale),
mentre il 41% circa degli imprenditori del sud ammette di non
sapere come agire. L’usura è il fenomeno criminale percepito in
maggior aumento dagli imprenditori del sud (30%, +3 punti
percentuali sul dato nazionale), seguito da abusivismo (26%, +4
punti sulla media nazionale), furti (24%, +3 punti) e racket (22%,
+1 punto). Questo trend è più marcato rispetto al resto del paese.
In generale, nel Mezzogiorno il 16,6% delle imprese del terziario
di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza
nel 2021, valore più elevato rispetto al dato nazionale (11,8%).
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