Dieta Mediterranea: che prodotti finiscono sulle tavole dei cittadini e dei turisti? Iniziamo con pasta e pane

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Ogni anno nel Sud Italia e in Sicilia, quando arriva il tempo della raccolta del grano, nei porti pugliesi e siciliani piombano le navi cariche di grano estero. Per la cronaca, in tutto il Mezzogiorno d’Italia, e quindi anche nella nostra Isola, si coltiva a nettissima prevalenza il grano duro, coltura particolarmente vocata nelle nostre zone. Con l’arrivo del grano duro estero trasportato con le navi aumenta l’offerta di grano duro e il prezzo crolla.

In Puglia, che è la prima Regione italiana per la produzione di grano duro, il prezzo oscilla intorno ai 30 euro per ogni quintale di grano duro. E’ un prezzo basso, perché i costi di produzione di un ettaro di grano duro, considerando le lavorazioni del terreno e i fertilizzanti, sfiorano i 50 euro. Anche con l’integrazione comunitaria, i produttori di questo cereale lavorano in perdita. Se non mollano è perché non hanno alternative. O meglio, se non mollano è perché, in buona parte, si rifiutano di affittare o cedere i terreni ai ‘Signori dei pannelli fotovoltaici’. In Sicilia, che è la seconda Regione italiana per la produzione del grano duro, il prezzo si mantiene sempre più basso di 2-3 euro rispetto alla Puglia. Quest’anno, stando a quanto ci raccontano alcuni agricoltori siciliani, il prezzo, in alcune aree dell’Isola, è precipitato a 23-24 euro al quintale. Un disastro. Anche in Sicilia la pressione di chi vorrebbe trasformare i campi di grano in immense distese di pannelli fotovoltaici è fortissima. Alcuni agricoltori, messi alle strette, cedono per mancanza di risorse, altri resistono.

Ma oggi il tema che vogliamo trattare non è l’assalto dei citati ‘Signori dei pannelli fotovoltaici’ ai campi di grano duro del Sud Italia e della Sicilia. Oggi, visto che siamo già in Estate, vogliamo trattare una questione centrale per il turismo siciliano: la tanto celebrata Dieta Mediterranea, della quale il pane e la pasta fanno parte. La Dieta Mediterranea viene sintetizzata in una piramide (vedere foto). Alla base della piramide troviamo i prodotti che possono essere consumati ogni giorno: frutta, verdura, pane, pasta, olio d’oliva extra vergine. Un gradino sopra i cibi da consumare ogni giorno troviamo il latte e lo yogurt. Salendo ancora arrivano i cibi da consumare ogni settimana: pollo, carne rossa, formaggi, salumi. Per la cronaca, della Dieta Mediterranea fanno parte anche i legumi, ricchi di proteine vegetali, fibre, vitamine e minerali che possono sostituire la carne. Salendo ancora arriviamo al vertice della piramide dove troviamo dolci e gelati, da portare a tavola una volta al mese.

Quindi la raccomandazione di non eccedere con il sale.
Ovviamente, c’è chi segue alla lettera questa dieta e c’è chi ci ‘gioca’ un po’. In ogni caso, la Dieta Mediterranea viene considerata tra le migliori del mondo. Tanto che anche l’UNESCO l’ha inserita nella ‘Lista Rappresentativa del Patrimonio Immateriale dell’Umanità’. Si potrebbe obiettate sul concetto di ‘Immateriale’, dal momento che i cibi che fanno parte di questa Dieta sono assolutamente materiali, tanto che finiscono nelle nostre pance. Ma il problema non sta in questo. La Dieta Mediterranea parte da un presupposto: ovvero che tutti i prodotti che finiscono nelle tavole di chi segue tale Dieta siano a Km zero o, in ogni caso, di elevata qualità. E invece? Invece facciamo parlare i fatti. Nei giorni scorsi abbiamo intervistato Sandro Puglisi, noto analista dei mercati globali.

A Puglisi abbiamo posto due domande. Prima domanda: La pasta del nostro Paese con che percentuale di grano duro italiano viene prodotta? Riposta di Puglisi: “Circa il 40% dei produttori usa grano duro italiano al 100% (dato Unione Italiana Food, 2024). L’Italia produce 3,5 Milioni di tonnellate di pasta (-8% nel 2024). Molti pastifici miscelano grani duri esteri” (qui per esteso l’intervista a Sandro Puglisi: https://www.thehour.info/annata-grano-duro-2025-la-siccita-in-canada-e-in-francia-la-produzione-in-sicilia-la-pasta-e-il-pane-le-controversie-sul-glifosato-parla-sandro-puglisi-analista-dei-mercati-internazionali-delle/#google_vignette).

Quindi solo il 40% delle industrie che producono pasta utilizza il grano duro coltivato in Italia. E molti pastifici miscelano grani duri esteri. Se scendiamo nei particolari, scopriamo che in Italia arriva tanto grano duro dal Canada e da altri Paesi che, con l’area del Mediterraneo, non hanno nulla a che spartire. Scopriamo, insomma, che poco più della metà della pasta che si produce in Italia non è prodotta con grano duro italiano. Il discorso non cambia se si parla del pane. Alla domanda con quale grano viene prodotto il pane nel nostro Paese, Puglisi risponde così: “Circa il 35% usa grano tenero locale (200.000 t/anno, dato ISTAT 2023), soprattutto nei panifici artigianali. I grandi panifici usano grani esteri (65%) perché i prezzi sono più bassi”.

Sui grani esteri che arrivano con le navi pesano alcuni interrogativi. Per esempio: il trasporto del grano avviene nelle stive a temperatura controllata? Questo consentirebbe un’ottimale conservazione del grano durante il viaggio che, a seconda da dove arriva il grano, può durare anche 15 giorni. Ma se il grano non viaggia a temperatura controllata, beh, allora potrebbero sorgere problemi con parassiti e via continuando. Ciò significa che il grano che viaggia in navi a temperatura non controllata deve per forza di cose essere trattato con particolari prodotti chimici. Per evitare, ad esempio, che l’eventuale presenza di funghi provochi la produzione di micotossine, che sono veri e propri veleni per l’organismo umano.

Altra questione diventata centrale negli ultimi giorni: l’eventuale presenza di glifosato nel grano. Il grano, nel mondo, dovrebbe essere coltivato fino a certe latitudini. Se si coltiva nelle aree fredde e umide, ebbene, il sole non ha la forza per far maturare il grano naturalmente. Cosa fanno, allora, in questi Paesi freddi e umidi? Come abbiamo già accennato, il sole, a Luglio e ad Agosto, in questi Paesi, non è forte e non riesce a far maturare il grano naturalmente. Così il grano viene trattato con il glifosato, forse l’erbicida più utilizzato al mondo in agricoltura. Una volta trattato con il glifosato, il grano secca nel giro di un paio di giorni. Si ottiene così una maturazione artificiale del grano. Il problema è che il grano trattato con il glifosato in pre-raccolta contiene quantitativi importanti di questo contaminante che non è certo un toccasana per la salute umana.

Pensate un po’: nel 2006, l’Unione europea, per consentire al grano di certi Paesi esteri di arrivare in Europa, ha cambiato il Regolamento sulla presenza di glifosato nel grano, innalzando i limiti relativi alla presenza di questo erbicida. Era l’unica maniera per rendere ‘legale’ questo grano estero nell’Unione europea. Nei giorni scorsi, dopo una ricerca durata anni, l’Istituto Ramazzini di Bologna, insieme con un consorzio di istituzioni scientifiche internazionali, ha stabilito che il glifosato è un probabile cancerogeno per l’uomo (qui un articolo pubblicato da Food Times: https://www.foodtimes.eu/it/consumatori-e-salute/studio-glifosato-allarme-tumori/).
Ancora non si hanno reazioni da parte dell’Unione europea. Eppure non è una questione di poco conto, considerato che, nei pacchi di pasta, in ottemperanza a quanto prevedono i Regolamenti comunitari, non viene specificata l’area di provenienza del grano duro con il quale viene prodotta la pasta. Nei pacchi di pasta troviamo l’indicazione, piuttosto generica, di pasta prodotta con grano Ue e pasta prodotta con grano non Ue. Un po’ poco, per consentire ai consumatori di orientarsi, per capire, ad esempio, in quali Paesi e a quali latitudini viene coltivato il grano duro con il quale viene poi prodotta la pasta. Sul pane – altro derivato del grano che sta pure alla base della Dieta Mediterranea – la confusione è ancora maggiore, a meno che non si tratti di panifici artigianali conosciuti e apprezzati. I cittadini italiani e i turisti che arrivano nel nostro Paese, soprattutto alla luce dello studio pubblicato nei giorni scorsi dall’Istituto Ramazzini, qualche domanda potrebbero cominciare a porsela. O no? E questo è solo l’inizio del nostro itinerario tra i prodotti della Dieta Mediterranea. Nella seconda puntata parleremo, per l’appunto, della provenienza degli altri prodotti che rientrano in questa particolare dieta.
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