Elezioni regionali nelle Marche? Politicamente ha vinto l’astensione. Con i ‘numeri’ ha vinto il centrosinistra

Rispetto a cinque anni fa il numero degli elettori che non si è recato alle urne è aumentato del 10%. Fratelli d’Italia supera il PD
A giudicare da quello che si legge sui mezzi d’informazione le elezioni regionali nelle Marche le ha vinte il centrodestra. Il risultato elettorale è questo se l’analisi si basa solo sui ‘numeri’. Ma il vero dato politico eclatante, del quale non si parla molto, è un altro, ovvero l’aumento considerevole degli elettori aventi diritto al voto che hanno disertato le urne. In una Regione di poco meno di un milione e mezzo di abitanti l’aumento dell’astensione, rispetto alle elezioni regionali di cinque anni fa, è stato del 10%.
Una percentuale molto alta, che dà la misura della crisi della politica: una politica che è sempre meno credibile. Peraltro nelle Marche l’attività imprenditoriale è molto diffusa, con un’industria manifatturiera caratterizzata da piccole e medie imprese, dall’abbigliamento alla produzione di mobili, dagli strumenti musicali alle calzature, anche se oggi a prevalere è il settore terziario, tra commercio, turismo e attività legate al mare, dalla pesca alla logistica portuale. Se una Regione a forte valenza imprenditoriale snobba la politica, ebbene, i politici dovrebbero preoccuparsi almeno un po’. Invece assistiamo, nel post elezioni, a una sorta di gara a ignorare i 5 elettori aventi diritto su 10 che hanno deciso di non votare in una competizione che pure, tradizionalmente, dovrebbe essere molto sentita. Ma tant’è.
E oltre l’aumento degli astenuti? Ha vinto il centrodestra con oltre il 52% dei voti, rieleggendo il presidente della Regione uscente, Francesco Acquaroli. Il centrosinistra, che candidava alla guida delle Marche Matteo Ricci, PD, ex Sindaco di Pesaro, si è fermato al 44,3%. Insomma, la vittoria del centrodestra è stata netta. E dire che quando a Ricci è stato recapitato l’avviso di garanzia per fatti riguardanti il suo periodo alla guida del Comune di Pesaro, il segretario del Partito Democratico, Elly Schlein, aveva manifestato ottimismo.
Oltre a difendere il candidato del suo partito finito sotto inchiesta ha affermato: “Andiamo a vincere le elezioni nelle Marche”. Diciamo che la sua previsione non è stata azzeccata: anzi. Fermo restando che il gran numero di elettori che non ha votato non è certo un dato politico da sottovalutare, va detto che per il PD è andata veramente male: ha superato di poco i 106 mila voti, mentre Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, attuale capo del Governo italiano, ha superato i 130 mila voti. Nel centrodestra c’è chi esulta per l’8,6% di Forza Italia, che alla fine ha preso poco più di 40 mila voti: meno di un terzo del partito della Meloni. La Lega di Matteo Salvini non va oltre il 7,4%, poco meno di 35 mila voti. La ‘lettura’ politica è chiara: in una Regione, ribadiamo, dove la piccola imprenditoria è molto importante e prevalente, gli imprenditori si fidano del centrodestra e non premiano il centrosinistra. E all’interno dello schieramento di Governo scelgono il partito di Giorgia Meloni. La vicenda Flotilla, che il centrosinistra ha cavalcato pensando magari di raggranellare voti, non ha sortito gli effetti sperati. Anzi, forse ha complicato le cose, perché gli elettori marchigiani, come osserva qualche commentatore, preferiscono chi parla delle questioni della propria Regione e non delle questioni internazionali.
La lettura politica interna al centrosinistra
Interessante anche la ‘lettura’ politica interna al centrosinistra. Il PD si conferma il primo partito. Mettendo insieme le lista dello stesso Partito Democratico e le liste del candidato presidente questa forza politica raggiunge il 30%. Fatti quattro conti, più della metà dei voti del centrosinistra sono espressione del PD. Questo sarà un fatto positivo per questo partito, ma non lo è per la coalizione, che nel complesso è fragile. Emblematico il caso del Movimento 5 Stelle. Ricordiamo che, alle elezioni politiche del 2018, il Movimento fondato da Beppe Grillo era il primo partito con 11 milioni di voti. Un risultato eccezionale che il Movimento ha sciupato tradendo sistematicamente le aspettative dei tanti cittadini che l’hanno votato. Il primo Governo di Giuseppe Conte con la Lega non era bellissimo ma, volendo, era pur sempre un Governo ‘contro’, bene o male nel rispetto degli elettori che chiedevano lo smantellamento del vecchio sistema politico. Che era, poi, la promessa fatta dai grillini ai cittadini prima del voto delle elezioni del 2018: “Apriremo l’Italia come una scatoletta di tonno…”, dicevano.
Il secondo Governo di Giuseppe Conte è stato per certi versi rovinoso. I grillini si erano sempre dichiarati avversari fieri del PD: e invece, dopo la crisi del Governo giallo-verde (leggere grillini e leghisti), è arrivato il Governo con il Partito Democratico. Poi, addirittura, il sostegno al Governo di Mario Draghi, europeista per antonomasia: troppo per un Movimento che, lo ricordiamo, quando era all’opposizione chiedeva, tra le altre cose, l’uscita dall’euro. Il risultato di queste giravolte trasformiste lo si è visto alle elezioni europee del 2024, quando i grillini sono andati poco oltre i 2 milioni di voti. Un disastro. Da allora il Movimento ha proseguito sulla strada del cosiddetto ‘campo largo’, ovvero l’alleanza con il PD e con altri partiti di centrosinistra. Una scelta di campo, certo. Ma anche un’opzione che, sotto il profilo elettorale, si sta dimostrando fallimentare. Osservando i voti all’interno dei partiti di centrosinistra si nota che il Movimento 5 Stelle non fa che perdere voti.

Movimento 5 stelle, consensi si spostano verso il Pd
I consensi in uscita dal Movimento vanno per lo più al PD. Questa tendenza è stata confermata anche alle elezioni regionali delle Marche, con il Movimento 5 Stelle che supera di qualche punto il 5%: in pratica, il Movimento sta piano piano scomparendo. Non è un fenomeno politicamente incomprensibile. Il Movimento 5 Stelle è nato come soggetto politico rivoluzionario, che non ha alcun punto in comune con il PD, partito legato a doppio filo all’Unione europea ultra-liberista e globalista. E’ chiaro che gli elettori del Movimento 5 Stelle non hanno elementi in comune con il PD, partito che hanno sempre considerato l’esatto contrario di quello che dovrebbe essere, anzi, ormai di quello che avrebbe dovuto essere il Movimento fondato da Grillo e, soprattutto, da Gianroberto Casaleggio. Con molta probabilità, se Casaleggio non fosse venuto a mancare, i grillini mai e poi mai avrebbero dato vita a un’alleanza politica con il PD: e non avrebbero perso una barca di voti.
C’è un rimedio per fermare la crisi, politica prima che elettorale, del Movimento 5 Stelle? Non lo sappiamo. Ciò che appare chiaro è che dentro il ‘campo largo’ con il PD i grillini appaiono sempre più ‘schiacciati’ dentro un’alleanza innaturale, sempre in crisi e sempre più perdenti. L’alternativa potrebbe essere quella di andare da soli, ma non potrebbe essere certo l’attuale numero uno nazionale, Giuseppe Conte, a guidare questo mutamento radicale di linea politica. E nemmeno Grillo che, lo ricordiamo, ha spinto il Movimento fra le braccia del PD. Oggi la sensazione è che, fatte salve le due Regioni tradizionalmente legate al centrosinistra – Emilia Romagna e Toscana e magari la Puglia – tutto il resto sembra in discussione. Il centrosinistra dovrebbe conservare la Puglia, ma già il candidato alla presidenza della Regione Campania di questo schieramento politico, l’ex presidente della Camera dei deputati, il grillini Roberto Fico, non sembra irresistibile. Le elezioni politiche nazionali sono ancora lontane ma con questa linea politica il centrosinistra non sembra vincente.
