Hai lavorato una vita e non ti hanno versato i contributi: purtroppo c’è la brutale scoperta per questa lista di cittadini | Lo Stato non sa come aiutare

Inps, soldi (foto teleone.it) - mediaoneonline.it
Quel che le aziende non dicono, e che poi mette nei guai milioni di cittadini inconsapevoli.
Il tema, con tutte le sue ripercussioni negative, è purtroppo, nella cronaca di ogni giorno, ricorrente. I contributi previdenziali sono il pilastro fondamentale per garantire una pensione dignitosa, ma non sempre, lo si sa bene, tutto va come dovrebbe. Troppi lavoratori, dopo anni di lavoro, si trovano a scoprire con amarezza che i contributi promessi non sono mai stati versati. Un errore che non è loro, ma che può costare carissimo.
Accade più spesso di quanto si pensi: aziende che trattengono i contributi, ma poi non li versano all’INPS. I lavoratori, fiduciosi, lavorano per decenni e solo alla fine scoprono la brutale realtà. In questi casi, anche lo Stato può fare ben poco: quando le somme mancano all’appello, i danni sono incalcolabili. E nella maggior parte dei casi, la cosa forse più grave è che il danno, in fin dei conti, diventa doppio: economico e psicologico.
La situazione si aggrava ulteriormente quando si verificano casi in cui i contributi non sono solo non versati, ma anche “stralciati” da provvedimenti governativi, in nome di semplificazioni fiscali o rottamazioni di cartelle. Il risultato è che il lavoratore resta senza tutela, mentre i buchi contabili aumentano. Il meccanismo che dovrebbe garantire sicurezza sociale si inceppa drammaticamente.
È proprio su questo che l’INPS ha lanciato un vero e proprio allarme: si è creato un buco da ben 6,6 miliardi di euro nelle pensioni dei lavoratori dipendenti. La denuncia arriva dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (Civ) dell’Istituto, che ha pubblicato una relazione il 15 aprile. Questo deficit deriva da contributi mai versati e successivamente condonati da tre provvedimenti legislativi tra il 2018 e il 2022.
Le responsabilità delle aziende e dello Stato
Il Consiglio in questione ha chiarito che questi crediti non riscossi e poi “cancellati” rappresentano una voragine nel bilancio, che dovrà ora essere coperta dallo Stato attraverso la fiscalità generale. Anche se per legge le prestazioni previdenziali ai dipendenti devono comunque essere erogate, ciò non toglie che le casse dell’Istituto siano in difficoltà. E la conseguenza è che a pagare potrebbero essere, ancora una volta, i cittadini.
Nel caso dei lavoratori autonomi, invece, la situazione è diversa. Per loro non vige l’automaticità delle prestazioni: se i contributi non vengono versati, non danno luogo ad alcun beneficio futuro. Questo significa che, almeno da questo punto di vista, il buco non pesa sul sistema generale come accade per i dipendenti. Ma il problema rimane a dir poco “gigantesco”.

I numeri che fanno tremare il sistema
I dettagli tecnici contenuti nella relazione del Civ mostrano un quadro allarmante. La quasi totalità della cancellazione dei crediti – ben 15,4 miliardi di euro su un totale di 16,4 – deriva da tre provvedimenti specifici: il decreto legge 119/2018 (0,4 miliardi), il decreto legge 41/2021 (5,4 miliardi) e la legge 197/2022 (9,9 miliardi). A questi si aggiunge un miliardo eliminato con procedura ordinaria.
Il Civ ha evidenziato che queste cancellazioni, pur non incidendo formalmente sul patrimonio dell’INPS – coperto dal fondo di svalutazione dei crediti – avranno un impatto negativo da 13,7 miliardi sul Rendiconto generale del 2024. In pratica, si tratta di soldi che mancheranno realmente, anche se mascherati da operazioni contabili. E tutto ciò avrà effetti sulla sostenibilità del sistema pensionistico.