La Germania per salvare l’esportazione delle proprie auto sta mollando l’Unione europea per trattare direttamente con Trump

Com’era inevitabile, davanti ai dazi doganali americani che diventano realtà, inizia lo sfaldamento dell’Unione europea. Ogni Paese Ue comincia a valutare la possibilità di avviare con l’amministrazione statunitense di Donald Trump trattative bilaterali. Sin da quando è iniziata la telenovelas dei dazi abbiamo scritto che la Commissione europea non avrebbe mai e poi mai trovato la ‘quadra’ per rappresentare, nella trattativa commerciale con gli USA, gli interessi dei 27 Paesi Ue. Per un motivo semplice: perché ognuno di questi Paesi ha interessi diversi rispetto agli altri.
Invece ha prevalso un ‘europeismo’ un po’ ottuso che è culminato nel disastroso accordo siglato poco più di una settimana fa in Scozia dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Accordo disastroso, ovviamente, per i 27 Paesi dell’Unione europea. Davanti al disastro si comincia a correre ai ripari. L’amministrazione Trump, da parte sua, è stata abile. Non ha forzato la mano: prima ha concesso due mesi di tempo, poi ha siglato un accordo, di fatto imponendolo alla Commissione europea, e ha lasciato aperte alcune questioni commerciali per dare modo ad ogni Paese Ue di trattare singolarmente. Ad aprire i ‘giochi’ delle trattative bilaterali è proprio la Germania, il Paese che ha imposto la trattativa unica con gli americani affidando le sorti dei 27 Paesi Ue alla Commissione europea di Ursula von der Leyen. Alla luce del fallimento della trattativa, il Ministro delle Finanze tedesco, Lar Klingbell, ha avviato un dialogo bilaterale con il suo omologo statunitense, Scott Bessent.
Qualcuno dirà: è quello che voleva l’amministrazione Trump per iniziare a disgregare l’Unione europea. Tesi vera solo in minima parte, perché l’Unione europea non è mai stata unita. Ricordiamo che, ormai da oltre un decennio, nell’Unione europea non vengono più celebrati referendum per dare modo ai circa 450 milioni di cittadini europei di pronunciarsi sui trattati internazionali. Ricordiamo, ancora, che le poche volte che i cittadini europei sono stati chiamati a pronunciarsi, con i referendum, sull’operato dei vertici Ue, i cittadini hanno votato, in maggioranza, contro la stessa Unione europea. Questa è la dimostrazione che, nell’Unione europea, c’è un deficit di democrazia. La vicenda dei dazi doganali americani ha messo inoltre a nudo le contraddizioni dell’Unione europea e, soprattutto, del Paese che ha fino ad oggi controllato l’economia della stessa Ue: la Germania.
Non è certo casuale che, oggi, il Governo tedesco cerchi di raggiungere un accordo commerciale singolarmente con gli Stati Uniti d’America. Basta andare a leggere i giornali delle ore successive alla firma dell’accordo in Scozia fra Trump e Ursula von der Leyen. Certo, le notizie erano in parte frammentarie e c’era confusione oltre che delusione. Per un paio di giorni, a proposito dei dazi doganali imposti dagli americani all’Unione europea, la notizia era che i dazi sulle auto europee erano stati fissati al 15%. Per due giorni l’amministrazione Trump ha lasciato correre. Poi gli americani hanno precisato che i dazi sulle auto europee erano stati fissati al 27,5% e non al 15%. Un disastro, per la Germania, perché questa parte dell’accordo, all’80-90% riguarda le auto tedesche. A questo punto – e siamo alla notizia di queste ore – il Cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha di fatto ‘esautorato’ la Commissione europea della von der Leyen e ha spedito negli Stati Uniti d’America il citato Ministro delle Finanze Klingbell.
Non è difficile capire come finirà. Trump fa solo gli interessi del suo Paese. Per abbassare i dazi che colpiscono le auto tedesche chiederà al Governo della Germania di trasferire una parte della produzione delle auto tedesche in America. Con molta probabilità, alcuni noti marchi automobilistici teutonici trasferiranno una parte degli stabilimenti negli USA, per produrre negli USA, creare occupazione negli USA, pagare le imposte negli USA. A questo punto i dazi delle auto prodotte in Europa potranno essere ridotti. A patto che, per i cittadini americani, le auto prodotte in America costino sempre un po’ meno delle auto che arrivano dall’Unione europea.
La domanda a questo punto è: cosa faranno gli altri 26 Paesi dell’Unione europea? A rigor di logica, i governanti di questi Paesi dovrebbero far funzionare i propri cervelli. A rischiare grosso, a questo punto, potrebbero essere Irlanda, Italia e anche la Germania. Questo perché, come scriviamo spesso, sono questi tre i Paesi europei che fino al 31 Dicembre 2024 – e, in parte, anche nei primi sei mesi di quest’anno – hanno incassato l’85% circa del surplus commerciale dell’Unione europea verso gli USA. Sempre come scriviamo spesso, la Germania, con la Commissione europea della tedesca Ursula von der Leyen, ha cercato di condurre le trattative sui dazi con l’amministrazione Trump provando a tutelare gli interessi della stessa Germania. Ma ha fatto un buco nell’acqua. Ora ogni Paese Ue potrebbe anche sentirsi libero di trattare singolarmente con gli USA. Che è quello che vuole Trump.
E siccome la stragrande maggioranza dei Paesi dell’Unione europea non ha nulla a che vedere con il surplus commerciale Ue verso l’America, surplus che l’amministrazione Trump vuole azzerare, è probabile che ogni Paese dell’Unione tratti con gli USA per fare solo gli interessi dei propri cittadini, lasciando a Germania, Irlanda e Italia l’onore di pagare i costi della riduzione del surplus commerciale verso gli Stati Uniti. Quello che stiamo cercando di evidenziare è che le trattative bilaterali – ovvero ogni Paese Ue che tratta con il Governo federale USA le proprie esigenze commerciali – non dovrebbero creare problemi ai Paesi europei che non hanno mai approfittato della globalizzazione per esportare senza limiti i propri beni in America. Ma creeranno problemi ai tre Paesi che nel corso degli anni si sono fatti i classici ‘bagni’ esportando, senza limiti, i propri prodotti negli USA. In testa c’è la Germania, che nel 2024 ha incassato 80 miliardi di euro di surplus esportando i propri beni in America.
E’ chiaro che l’investimento dei tedeschi negli Stati Uniti non dovrebbe allontanarsi molto da questa cifra. Bisognerà capire cosa l’amministrazione Trump chiederà all’Irlanda, che nel 2024 ha incassato 50 miliardi di euro di surplus commerciale verso gli USA. E cosa chiederà all’Italia, che nel 2024 ha incassato 45 miliardi di euro di surplus commerciale verso gli USA. Leggiamo qua e là che il capo del Governo italiano, Giorgia Meloni, è ‘amica’ di Trump e il nostro Paese verrà trattato bene. E’ una tesi che non ci convince molto. Non ci resta che attendere.
