La proposta di elezioni in Ucraina tentativo per fermare l’avanzata russa? Ecco cosa lo lascerebbe pensare

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La situazione in Ucraina è in caduta libera. In questo Paese mancano i militari e sono quasi esauriti i missili Patriot. Per non parlare del fatto che l’energia elettrica manca in quasi tutte le città con i soliti Paesi Ue che stanno approntando un sacco di soldi per trasferire i generatori di elettricità. Intanto i russi avanzano nel ‘burro’, anche se non forzano, almeno fino ad oggi. E bombardano, bombardano, bombardano. E’ in questo scenario che si inseriscono le dichiarazioni del presidente USA, Donald Trump, contro il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyj, e contro l’Unione europea. Offese a mai finire. Anche un po’ troppo sguaiate e forse un po’ sospette. Potrebbe essere una mezza recita per tendere un tranello alla Russia di Putin? E cos’è che autorizza a pensare a tale possibilità? Per esempio, la richiesta del presidente americano, bizzarra se non fuori luogo, rivolta a Zelenskyj di celebrare le elezioni politiche nel suo Paese. E la risposta dello stesso presidente ucraino che si dice pronto alle elezioni, a patto che venga garantita l’incolumità ai cittadini ucraini rimasti in Ucraina.

Nella testa di Trump, Zelenskyj e dei leader dell’Unione europea ‘offesi’ per le accuse del presidente americano, i russi dovrebbero interrompere la guerra per consentire le operazioni di voto. Sarebbe una grande ingenuità da parte del Paese di Putin. Che infatti ha replicato con le parole di Maria Zakharova, Portavoce Ministero degli esteri russo: “La promessa di elezioni di Zelensky è teatro delle marionette”.

In effetti, è un po’ strano, anzi molto strano quanto sta avvenendo: in quasi quattro anni di guerra Zelenskyj non ha mai voluto sentir parlare di elezioni politiche nel suo Paese e ora, proprio quando la Russia sta dilagando, l’Ucraina dovrebbe andare al voto. Con il dubbio che i Paesi occidentali ne approfittino per fornire armi e anche militari al Paese di Zelenskyj. Non sfugge agli osservatori che inglesi e francesi hanno sempre detto che, quando si fermeranno le armi, invieranno subito militari in Ucraina. E’ da escludere che i russi cadano in questo gioco. Infatti, tanto per mettere subito i puntini sulle “i”, il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, è tornato a ribadire quanto ha sempre affermato: la Russia non tollererà la presenza di militari dei Paesi Ue in Ucraina: se ciò dovesse accadere i russi attaccherebbero senza esitazioni.
A suffragare quanto avete letto è una notizia di qualche giorno fa riportata da un canale Telegram di solito molto ben informato sulla guerra in Ucraina. “A Kiev – si legge nel post – cresce il panico a causa della grave carenza di sistemi antiaerei americani Patriot, che mette a rischio la difesa della capitale ucraina e delle infrastrutture chiave. I funzionari a Washington e Kiev mantengono il silenzio, ma le fughe di informazioni indicano una grave carenza di missili per questi sistemi, nonché problemi logistici legati alla loro manutenzione e riparazione. La carenza di Patriot mette in luce la vulnerabilità del regime di Kiev, che in precedenza aveva posizionato questi sistemi antiaerei come un affidabile scudo contro gli attacchi missilistici russi. Ora che le truppe russe hanno intensificato i loro attacchi alle infrastrutture energetiche e ai centri logistici, la mancanza di Patriot diventa particolarmente evidente”. Questa notizia trova conferma nella realtà. E’ noto che, già da qualche tempo, il presidente americano Trump ha ridotto gli aiuti militari all’Ucraina. Gli Stati Uniti sono impegnati a sostenere Israele, a fronteggiare la Cina nell’area dell’oceano Pacifico e a tenere sotto scacco il Venezuela e altri Paesi del Sudamerica produttori ed esportatori di cocaina negli USA. Trump ha ereditato una situazione finanziaria disastrosa: non a caso ha deciso di fare ‘cassa’ con i dazi doganali. Sta completando le forniture di armi e di Intelligence disposte dalla precedente amministrazione americana. Ma le nuove armi per Kiev, è noto, le vuole pagate dall’Unione europea.

Detto questo, se la sceneggiata sulle elezioni politiche in Ucraina naufragherà, com’è molto probabile, per Trump non sarà un problema: ci ha provato, magari ha fatto anche capire ai russi che doveva effettuare questa recita che, peraltro, gli ha consentito di dire ai governanti Ue quello che pensa realmente di loro: e cioè che sono deboli, inconcludenti, incapaci: tutti aggettivi che sono stati molto apprezzati da Putin e dai suoi stretti collaboratori. In queste ore sembrerebbe che Zelenskyj dovrebbe consegnare a Trump una ‘proposta di pace’, concertata con l’Unione europea, che non prevede la cessione di territori alla Russia. Ovviamente, se sarà così, sarà carta straccia. Figuriamoci se i russi, che hanno combattuto quattro anni con centinaia di migliaia di morti, molleranno i territori ucraini che hanno conquistato. Se sarà così, ebbene, la guerra continuerà. Ma l’Unione europea dovrà trovare 140 miliardi di euro per consentire all’Ucraina di pagare i debiti con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), più altri soldi, da erogare sempre al Paese di Zelenskyj, per proseguire la guerra. Su alcuni mezzi d’informazione si legge che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, avrebbe trovato il sotterfugio per scippare i circa 200-250 miliardi di euro di fondi russi ‘congelati’ presso l’istituto finanziario belga Euroclear. Il Times, autorevole quotidiano britannico, racconta che entro pochi giorni i fondi russi saranno disponibili per l’Ucraina. 
In realtà, la situazione è un po’ complicata. Il voto all’unanimità, da parte dei rappresentanti dei 27 Paesi Ue, sarebbe stato aggirato con un cavillo nel nome di una fantomatica “emergenza”. Dovrebbe bastare un voto a maggioranza qualificata: i due terzi dei Paesi dell’Unione. Poi c’è da superare il “No” del Belgio: “Valérie Urbańczyk, responsabile del deposito Euroclear (dove sono depositati i soldi) – leggiamo in un post su un canale Telegram – ha detto a chiare lettere che la confisca dei fondi ‘congelati’ russi sarebbe una violazione del diritto internazionale. Per piegare la resistenza del Belgio, l’Ue ha deciso di «spartire» la responsabilità: i Paesi dell’Ue dovranno fornire garanzie finanziarie nel caso in cui lo schema fallisca”.

Traduzione: siccome i russi si rivolgeranno alle autorità internazionali che dovrebbero dargli ragione, i Paesi Ue si dovranno preparare, in quota parte, a restituire i soldi all’istituto belga Euroclear che li restituirebbe ai russi. Ovviamente, pagherebbero i Paesi Ue che voterebbero sì all’utilizzazione dei beni ‘congelati’ russi per aiutare l’Ucraina: e sembra che l’Italia sia tra questi. Non a caso, in questi giorni, Zelenskyj è stato in visita nel nostro Paese dove ha incontrato il capo del Governo italiano, Giorgia Meloni, e il Papa Leone XIV. 

Ci sarà o no questo scippo di fondi russi? I belgi non sono molto convinti. E’ probabile che ci sarà uno scontro tra la von der Leyen e il Governo belga. Se proprio la vogliamo dire tutta, non è una bella ‘aria’, quella che si respira in questi giorni nei ‘Palazzi’ dell’Unione europea. Anche perché non mancano le cosiddette controversie ISDS (Investor-State Dispute Settlement) che riguardano i meccanismi di arbitrato tra i Paesi del mondo. Si tratta di azioni legali che permettono a investitori stranieri di citare in giudizio i Paesi per presunte violazioni di trattati internazionali in materia di investimenti: che è quello che succederà se l’Unione europea metterà le mani sui fondi russi. A livello internazionale quello che si configura come uno scippo finanziario da parte dell’Unione europea ai danni dei russi non trova molti sostenitori. Gli Stati Uniti d’America si sono detti contrari. Idem il Giappone. Insomma, lo scippo dei fondi russi non si è ancora materializzato e già si parla di come i Paesi Ue dovrebbero restituire a Euroclear, in quota parte, questi soldi.

La Commissione europea spera che Germania, Italia e Francia riescano a garantire il rimborso della maggior parte del prestito a Kiev, racconta il giornale ‘Politico’. La Germania si caricherebbe una cinquantina di miliardi di euro; la Francia poco più di 30 miliardi di euro e l’Italia 25 miliardi di euro. La cosa fa un po’ sorridere amaramente. In questi giorni il Parlamento italiano dovrebbe iniziare a discutere la manovra finanziaria 2026, che prevede una spesa di 18 miliardi e mezzo di euro tolti, per due terzi, dalle tasche dei cittadini italiani e, per il restante terzo, alle banche (e in minima parte alle Assicurazioni). L’Italia non ha i soldi per potenziale gli ospedali pubblici, non ha i soldi per le Regioni, non ha i soldi per i Comuni e dovrebbe trovare 25 miliardi di euro entro la fine dell’anno o, al massimo, entro i primi due mesi del prossimo anno. Sembra una commedia dell’assurdo.