La siccità in Sicilia che c’è e non c’è. Il ‘mistero’ di tanti invasi artificiali che ci sono e non ci sono. E i tre dissalatori

In Sicilia c’è chi continua a parlare di siccità. I dati ufficiali, però, raccontano una storia diversa. Dall’1 Settembre dello scorso anno al 30 Aprile di quest’anno la rete della Regione siciliana ha registrato 650 millimetri di acqua caduta dal cielo, un po’ meno del doppio delle piogge dello scorso anno (350 millimetri circa). Le previsioni dicono che, tra alti e bassi, che le piogge proseguiranno fino al 17 Maggio. Ciò è dovuto al continuo afflusso di aria gelida che arriva dalla Russia. L’area fredda e asciutta che arriva nel Mare Adriatico e nel Mar Ionio si carica di umidità: da qui le previsioni di altre piogge sparse durante l’attuale settimana.
Le piogge degli ultimi sette mesi hanno riempito gli invasi artificiali siciliani? Intanto bisognerebbe capire qual è la situazione dei circa 50 invasi artificiali presenti nella nostra Isola. Da quello che si capisce, lo scenario è piuttosto confuso. Ci arriva notizia, ad esempio, che nel lago Arancio – un invaso artificiale dislocato nel territorio di Sambuca di Sicilia, provincia di Agrigento – sarebbero presenti poco meno di 9 milioni di metri cubi di acqua, ovvero meno di un terzo della capacità massima pari a 32 milioni di metri cubi di acqua. Ne dobbiamo dedurre che le piogge registrate in Sicilia dal Settembre dello scorso anno ad oggi hanno risparmiato questa zona. Un problema per le aree agricole di Sciacca, Menfi, Santa Margherita Belìce, Castelvetrano, Santa Margherita, Montevago Partanna e, naturalmente, Sambuca di Sicilia (qui un articolo: https://www.tp24.it/2025/05/10/agroalimentare/emergenza-lago-arancio-la-siccita-peggiora-l-agricoltura-in-ginocchio-e-la-regione-resta-ferma/218186).
Per quello che si capisce non c’è molta chiarezza.
Ribadiamo: le piogge non sono mancate e non sempre è facile capire perché in alcuni invasi artificiali della nostra Isola manchi l’acqua. Il lago Arancio, come già accennato, a quanto pare non è stato raggiunto dalle piogge. Ma ci sono invasi artificiali che si riempiono inutilmente, perché l’acqua viene gettata in mare per questioni di sicurezza: vicende che in alcuni casi sembrano un po’ pirandelliane. Poi ci sono invasi artificiali dei quali si sa poco o nulla da anni. Fatti quattro conti, nella nostra Isola si utilizza l’acqua di una decina di invasi artificiali. Con quali finalità? In parte per l’agricoltura, in parte per le città grandi e piccole e, in qualche caso, per le attività industriali. Poi ci sarebbero le sorgenti, che quest’anno, con tutte le piogge che abbiamo avuto in Sicilia – e con la neve che sciogliendosi alimenta le citate sorgenti – dovrebbero essere ricche di acqua. Basti pensare che Palermo e alcuni centri del Palermitano hanno a disposizione ben quattro sorgenti: Scillato, Risalaimi, Gabriele, Presidiana. A questi si aggiungono 21 pozzi e 2 derivazioni fluviali. Ci sarebbe anche l’acqua del depuratore di Acqua dei Corsari che, una volta depurata, dovrebbe essere riutilizzata. Utilizziamo il condizionale perché fino a qualche anno fa veniva gettata in mare. E poi ci sarebbe l’acqua depurata dai depuratori siciliani, almeno degli impianti funzionanti.
Qualcuno potrebbe chiedere: che cosa succede nei circa 40 invasi artificiali della Sicilia dei quali si sa poco o nulla? Bella domanda. Si sa che alcuni di questi invasi sono gestiti dagli ambientalisti, che ne hanno fatto oasi naturali; si sa che in alcuni di questi invasi si svolgono attività sportive. E, a quanto pare, in alcuni di questi invasi artificiali vivono tanti pesci. Insomma, allevano pesci? Le voci girano ma sono state smentite. Però… Però, in un caso, la verità è venuta, è il caso di dirlo, a galla. Nel lago Dirillo, o lago di Licodia Eubea, o, come viene anche chiamato, nella diga di Ragoleto o lago di Ragoleto è venuta fuori una storia un po’ strana. La notizia l’ha riportata Il Fatto Quotidiano del 29 Luglio 2024.
In questo articolo di legge che questo invaso artificiale viene gestito in concessione dall’ENI. “Le risorse dell’invaso – leggiamo su Il Fatto Quotidiano – servono soprattutto per far funzionare lo stabilimento petrolchimico di Gela (in realtà, è una Biofaffineria ndr). ‘La diga serve il settore agricolo per 600mila metri cubi, il settore industria per un milione e 800mila metri cubi e il resto è destinato a usi domestici”. C’è poi una dotazione idrica che potrebbe essere utilizzata per l’agricoltura. Per fare ciò bisognerebbe “spostare i pesci in altro invaso. Questo libererebbe risorse per far sopravvivere l’agricoltura’, ha detto Antonio Pirrè, presidente Confagricoltura Ragusa, ai microfoni della Rai. Su quattro milioni di metri cubi d’acqua dell’invaso, dunque, uno è destinato alla fauna ittica” (qui l’articolo de Il Fatto Quotidiano: https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/07/29/sicilia-lultima-idea-contro-la-siccita-travasare-i-pesci-dai-laghi-e-usare-lacqua-per-irrigare-legambiente-protesta-e-diffida-e-una-follia/7638682/). Una diga artificiale realizzata per usi agricoli viene utilizzata per finalità che nulla hanno a che vedere con l’agricoltura. E’ un caso singolo o ci sono altri casi di invasi artificiali della Sicilia pieni di pesci? E che fine fanno questi pesci? Vivono felici o c’è chi se li pappa? Mistero.
A rendere tutto più complicato ci sono le condutture idriche della Sicilia, che in molti casi sono bucate, veri e propri colabrodo. Va dato atto all’attuale Governo regionale di Renato Schifani di aver fatto ciò che i Governi dell’Isola degli ultimi quindici anni non hanno fatto: e cioè avviare i lavori per sistemare le reti idriche. Ma si lavora da un anno o giù di lì e la situazione è quella che è e l’attuale Governo siciliano non ha la bacchetta magica e non può certo recuperare in un anno ciò che non è stato fatto in quindici anni. Insomma, in molti casi l’acqua c’è ma non c’è come farla arrivare nelle campagne e nei centri abitati.
E in questo scenario che la Regione siciliana si appresta a rivitalizzare tre vecchi dissalatori: il dissalatore che l’amministrazione regionale ha realizzato con più moduli nell’area industriale di Gela tra gli anni ’70 e gli anni ’80 del secolo passato; il dissalatore di Trapani e il dissalatore di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Negli anni ’80 questi dissalatori funzionavano con l’energia prodotta bruciando idrocarburi; vogliamo sperare che verranno ripresi utilizzando energia solare o eolia. Servono veramente questi tre dissalatori con tutte le piogge che ci sono state, con tutte le sorgenti piene d’acqua e con tutti i pozzi? Qualche dubbio sorge. La speranza è che questi impianti per la dissalazione possano fare affidamento su reti idriche efficienti in grado di trasportare l’acqua del mare dissalata. Questo è il minimo.