L’Italia? Da potenza industriale a chi vive con 2 euro al giorno. In Marocco i giovani in piazza per sanità e lavoro, in Italia per i palestinesi…

Esiste ancora in Italia una politica sociale? Esiste una politica che si occupa di chi è rimasto indietro? Un tempo nel nostro Paese c’erano la sinistra sociale e la destra sociale. Oggi sembra che siano scomparse entrambe. Vogliamo partire da due esempi concreti. Il primo lo troviamo sotto i nostri occhi ogni giorno: la povertà che si registra in Italia. Il secondo esempio lo troviamo in questi giorni in Marocco, dove va in scena una protesta popolare di giovani.
Cominciamo con l’esempio concreto in Italia. Siamo a Palermo, quinta città d’Italia. Due casi che chi scrive vive ogni giorno. Un signore, un quarantenne, vive ai margini della società. E’ messo male, economicamente e fisicamente. Ci dice che con due euro riesce ad arrivare al primo pomeriggio. Poi dovrà trovare altri due euro per chiudere la giornata. Insomma, vive di elemosina. Per lui due euro fanno la differenza. Nel pomeriggio ci capita di incontrare spesso un signore, extracomunitario, anche lui quarantenne, anche lui messo male. Ci dice che, per lui, due euro sono più che sufficienti per chiudere la giornata. Cena, così ci dice, in un esercizio commerciale di alimentari gestito da un suo connazionale.
Anche per lui due euro fanno la differenza. Spesso ci capita di riflettere su queste due persone. Avendo vissuto gli anni ’80 del secolo passato, periodo in cui esercitavamo già la professione di giornalista, non possiamo non ricordare che l’Italia era un Paese ricco, una delle più grandi realtà industriali del mondo. I poveri c’erano anche allora? Sì, ma non erano così tanti. Ormai non c’è supermercato, non c’è chiesa, non c’è luogo pubblico dove non si trovano poveri che chiedono soldi. I parcheggiatori abusivi ci sono sempre stati ma mai così tanti.
La domanda a questo punto è obbligatoria: come ha potuto l’Italia ridursi così? Vero è che due euro sono circa 4 mila lire degli anni ’80. Ma il paragone non regge, perché oggi, in termini di potere d’acquisto, due euro rappresentano, sì e no, il 30% delle 4 mila lire di trentacinque quarant’anni fa. L’euro, in termini di potere d’acquisto, vale molto meno della vecchia lira. Con due milioni al mese una famiglia di tre persone, anche con la casa in affitto, viveva bene. Oggi con mille euro al mese, che sono grosso modo l’equivalente di 2 milioni di lire, una famiglia di tre persone che vive in affitto negli ultimi dieci giorni del mese va alla Caritas. Alla fine, se ci riflettiamo, solo la Chiesa Cattolica si occupa di queste persone, non certo la politica.
Già, la politica. In Italia la gente in questi giorni scende in piazza non per la grande povertà che c’è in giro, ma per i palestinesi di Gaza. Manifestazioni e scioperi. Soprattutto nel Sud Italia, soprattutto in Sicilia la Palestina la teniamo in casa, anzi fuori casa, perché proprio a Palermo molti poveri sono senza un tetto sopra la testa. Se chiedete a Google vi risponderà che nel capoluogo della nostra Isola si contano circa 3 mila senza tetto. In realtà, se consideriamo i non censiti e chi va a dormire in qualche centro, i senza casa sono molti di più di tre mila. Chi si occupa di loro? Di fatto solo gli uomini di buona volontà, ovvero i volontari, che in larga parte fanno capo al mondo cattolico. Il problema è serio, soprattutto nella stagione invernale quando fa freddo; ed è ancora più serio in certe giornate estive, quando la temperatura supera i 35 gradi. Dal freddo, bene o male, ci si difende; dal caldo torrido, che purtroppo è ormai è una caratteristica delle nostre estati, è molto più difficile difendersi. Vi risultano manifestazioni e scioperi per difendere i diritti di queste persone che vivono ai margini della società, che sono tanti?
Andiamo al secondo esempio concreto: il Marocco. Fino a una settimana fa il racconto ufficiale di questo Paese – ovviamente il racconto occidentale – descriveva una realtà tranquilla, con qualche problema economico, certo, ma tutto sommato stabile. Un esempio in un’Africa in molti casi turbolenta. Ebbene, da quasi sette giorni in Marocco infuria una rivolta sociale guidata dai giovani. Con i tempi che stiamo vivendo, considerato che la televisione ci propina Gaza e palestinesi a colazione, a pranzo e a cena, beh, è quasi automatico pensare che anche da quelle parti la protesta sarà legata a questioni internazionali e, segnatamente, alla questione arabo-israeliana. Invece, con sorpresa, apprendiamo che a scuotere il regno di questo Paese è una questione sociale per anni rimasta sepolta e che, improvvisamente, è esplosa. A guidare la rivolta è un folto gruppo di giovani che si fa chiamare “GenZ 212”. Niente questione palestinese ma fatti di ogni giorno: pane, sanità, istruzione.
Ribadiamo: il Marocco è considerato un Paese se non ricco quanto meno benestante. La crescita economica c’è stata e c’è. Ma, a quanto pare, c’è chi resta indietro. La ricchezza si produce, ma non arriva a tutti. E ai giovani questa storia non va proprio bene. Le cronache di queste ore raccontano che ci sono città marocchine come Inzegane o Oujda dove le manifestazioni di giovani si susseguono a ritmo continuo. Come raccontano le immagini che si trovano sulla rete, sono vere e proprie guerriglie urbane (come potete osservare qui: https://www.youtube.com/watch?v=LeXbGb5LjMI). Sono proteste corali, sentite, partecipate.
Con scontri, anche durissimi, tra giovani e forze dell’ordine. Si contano centinaia di feriti, soprattutto fra i poliziotti. Per ora gli arresti sfiorano le 500 unità. Danni di una certa importanza ad uffici governativi, alle banche, ai negozi. A differenza di quanto sta avvenendo nell’Italia del Reddito di cittadinanza, che è stato ridimensionato ma non abolito, dove si scende in piazza per i palestinesi, in Marocco i giovani che scendono in piazza chiedono una sanità che funzioni, una scuola che funzioni e una seria lotta alla corruzione dilagante. Forse in Italia la sanità pubblica funziona bene, la scuola pubblica funziona bene e non c’è corruzione? Non c’è bisogno di essere grandi osservatori per sapere che nel nostro Paese la sanità pubblica è un delirio, che la scuola pubblica fa acqua da tutte le parti e che la corruzione dilaga. Ma in Italia non si scende in piazza per questi motivi. Se non altro perché, anche in occasione delle tornate di elezioni regionali, c’è chi promette Redditi di cittadinanza locali. Peraltro, mentre in Marocco, Paese di circa 38 milioni di abitanti, c’è un problema di crescita economica che lascia indietro in tanti, soprattutto i giovani, in Italia non si può certo parlare di crescita, visto che l’economia va indietro. Eppure la questione sociale è ignorata.
Si passa dal tennis e dal calcio alle manifestazioni per il sostegno alla Palestina. Proteste chi si chiudono il Venerdì e si aprono il Lunedì. Sabato e Domenica ci si rilassa: se c’è bel tempo si va al mare, sennò in giro tra aperitivi e apericene. La cosa va bene al centrosinistra che sta all’opposizione, che non può certo contestare all’attuale Governo di centrodestra di avere ‘ammazzato’ il lavoro, dal momento che le leggi che hanno fatto a pezzi i diritti dei lavoratori le hanno volute e approvate proprio i Governi di ‘sinistra’. La cosa sta bene anche al Governo di centrodestra: meglio, molto meglio una piazza che si straccia le vesti per i palestinesi piuttosto che giovani che, come in Marocco, scendono in piazza per la sanità, per la scuola e per il lavoro. E l’Italia va. Verso dove? Fate voi.
