L’Ue annuncia trattative con gli USA per eliminare i dazi. Il difficile (ma inevitabile) dialogo fra Trump e la Cina

di Giulio Ambrosetti
Alla fine l’Unione europea, sui dazi doganali dell’America di Donald Trump, ha deciso di trattare. Il Financial Times, ripreso da ‘Il Fatto Quotidiano’, scrive che il commissario al Commercio, Maros Sefcovic, avrebbe offerto al Governo federale degli Stati Uniti d’America 50 miliardi di euro in acquisto di gas liquido (Gnl) e non ben precisati prodotti agricoli.
Come si può notare, la strategia di Trump non è poi così campata in aria come continuano a raccontare certi media occidentali. Magari i Paesi disposti a trattare con gli Stati Uniti non sono tantissimi, come cerca di far credere il presidente statunitense. Però le trattative ci sono.
E, in ogni caso, anche se la questione non è molto ‘gettonata’, va ricordato che gli USA stanno mantenendo dazi del 10% su tutti i prodotti che arrivano ogni giorno in America, ad eccezione della Cina, colpita da dazi le cui percentuali sono un po’ ‘ballerine’ ma sono comunque alti.
I dazi doganali americani al 10% appioppati all’universo mondo non sono una bazzecola, tant’è vero che l’Unione europea chiede che vengano eliminati qualora si troverà un accordo commerciale con gli Stati Uniti d’America. Quello che possiamo dire è che, in questo momento, lo scenario politico, economico, finanziario e commerciale internazionale è confuso. Bene o male le Borse si sono riprese. Ma questo è avvenuto perché Trump non ha ritirato ma ha ridotto i dazi al 10%. In ogni caso, la situazione rimane in evoluzione. Come è sotto gli occhi di tutti, il presidente americano ci mette poco ad alzare a ridurre i dazi. Da qui il clima di incertezza.
Da due giorni i media raccontano dell’intesa raggiunta tra Trump e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelen’skyj, sullo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine.
Molti mezzi d’informazione riducono tutto a un accordo sulle cosiddette terre rare. Ma questo è solo uno dei capitoli dell’accordo. Nell’intesa ci sono anche altri minerali: per esempio, uranio e titanio. La precisazione è tutt’altro che secondaria, considerato che l’Ucraina è al primo posto in Europa per riserve di uranio e possiede il 7% delle riserve mondiali di titanio. L’uranio, questo non c’è nemmeno bisogno di ricordarlo, è fondamentale per il funzionamento delle centrali nucleari, mentre il titanio è un elemento centrale nell’industria aerospaziale, nella produzione di armi e nelle attività industriali legate alla medicina. Poi ci sono i Sali potassici e altri minerali di cui l’Ucraina è ricca: ferro, neon, manganese, alluminio, grafite, gas, petrolio.
Attenzione, perché l’accordo tra Trump e Zelen’skyj non ha lasciato fuori la Russia, se è vero che nelle Regioni ucraine occupate militarmente dai russi insiste il 40% e oltre delle riserve minerarie ucraine. Insomma, chi per un verso, chi per un altro, USA e Russia si sono sistemate bene in Ucraina. Mentre l’Unione europea appare piuttosto sacrificata, se non assente. Forse ora appare chiaro perché Trump, nelle trattative sul cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, ha messo in ‘fuori gioco’ i rappresentanti dei Paesi Ue.
E le trattative tra americani e cinesi sui dazi doganali? I vertici politici del Dragone hanno fatto sapere che sono disposti a combattere fino in fondo contro i dazi americani.
Sarà così? Qui lo scenario è tutto da verificare. Ricordiamo che, fino a prima dell’arrivo di Trump, l’America era una sorta di Eldorado per i Paesi di mezzo mondo e forse più, che esportavano negli USA di tutto e di più. Questo ha provocato uno spaventoso deficit federale che gli americani recuperavano con le speculazioni portate avanti con il dollaro. Oggi la situazione, come abbiamo già illustrato in articoli precedenti, è complicata dal processo di ‘dedollarizzazione’, ovvero Paesi che non utilizzano più la divisa statunitense negli scambi commerciali internazionali. Davanti a questo processo di ‘dedollarizzazione’, che è guidato dalla Cina, l’Amministrazione Trump ha deciso di rispondere riducendo drasticamente le importazioni. In verità, il presidente americano ha sempre detto che sta utilizzando i dazi doganali per spingere i Paesi che esportano beni negli Stati Uniti ad acquistare, contestualmente, prodotti americani. Come scritto all’inizio di questo articolo, l’Unione europea sta venendo a Canossa e ha offerto di acquistare 50 miliardi di beni americani, a cominciare dal Gnl e da alcuni prodotti agricoli.
Ovviamente, siamo agli inizi di una trattativa. Va da sé che i vertici dell’Unione europea non potranno esportare in America beni per un valore di 300 miliardi di euro importando, contestualmente, beni americani per un valore di 50 miliardi di dollari (l’esempio regge perché oggi dollaro ed euro sono quasi alla pari, anche se quando si parla di miliardi di euro o di dollari gli “0,” non sono bruscolini). Ci dovrà essere un equilibrio tra esportazioni e importazioni. Detto questo, se gli europei pensano di continuare a esportare negli USA le auto che hanno sempre esportato, beh, stanno prendendo una cantonata. Questo perché tra gli obiettivi del Governo federale americano di Trump c’è il rilancio dell’industria automobilistica americana. Lo hanno capito benissimo i vertici di Stellantis, la multinazionale con radici in Europa che produce auto, che non a caso ha annunciato importanti investimenti negli Stati Uniti d’America.
Quanto ai rapporti tra Cina e USA, per concludere questa breve panoramica sullo scenario economico e commerciale internazionale, fanno storia a sé. La Cina è un Paese forte e gode di un grande vantaggio: è un Paese comunista che ha ‘usato’ e continua ad usare il capitalismo ultra-liberista e globalista. Ma oggi, con la ‘dottrina’ Trump, deve affrontare un problema. Il presidente USA vuole smantellare la globalizzazione economica che ha arricchito una piccolissima minoranza di soggetti, facendo crescere a dismisura le diseguaglianze economiche e sociali, soprattutto nel cosiddetto Occidente industrializzato, compresa l’America. E infatti stiamo assistendo a un paradosso: un Paese comunista come la Cina che si lamenta per i ‘freni’ trumpiani alla globalizzazione economica, quando un citato Paese comunista dovrebbe combattere e non certo assecondare l’ultra-liberismo economico. Trump, da parte sua, si dice ottimista e ripete a destra e a manca che raggiungerà presto un accordo commerciale con la Cina. Trump è un po’ troppo sbruffone? Un po’ sì, perché nasconde il fatto che i contro-dazi doganali cinesi stanno mettendo in grande difficoltà alcune produzioni americane. Però c’è un però.
Perché gli alti dazi doganali ai prodotti cinesi in arrivo in America stanno provocando una fuga di aziende che negli anni passati hanno investito in Cina ma che, proprio a causa dei dazi statunitensi, non riescono più a esportare i beni che producono negli USA. Così alcuni gruppi si stanno trasferendo dalla Cina in India… Ora Cina e India sono in ottimi rapporti politici. Ma se grandi e medie imprese lasciano la Cina per trasferirsi in India, ebbene, la cosa non va affatto bene per i cinesi. E’ per questo che il furbacchione di Trump ripete senza sosta che l’America troverà un accordo commerciale con la Cina? E’ quello che vedremo.