Negli ultimi venti anni in Sicilia è stata completata una sola grande opera pubblica: l’autostrada Palermo-Messina. E poi? Il delirio /1

Dice il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, che sui termovalorizzatori non si lascerà intimidire. Il suo Governo intende “superare un modello fallimentare basato sull’abuso delle discariche spesso al centro di interessi opachi, e di avviare finalmente un ciclo virtuoso dei rifiuti basato sull’innovazione tecnologica, sulla sostenibilità ambientale e sul rispetto delle normative europee”.
In effetti chi, fino ad oggi, ha provato a realizzare nella nostra Isola i termovalorizzatori ha incontrato ostacoli insormontabili. In alcuni casi nobili: per esempio, l’opposizione da parte dei ‘paladini’ dell’ambiente. Anche se, in verità, in mezza Europa e forse più operano da anni i termovalorizzatori che bruciano rifiuti e producono energia: e fatichiamo assai a pensare che Paesi dell’Europa noti per l’attenzione verso la tutela dell’ambiente abbiano deciso di inquinare i propri territori (qui puoi allegare l’articolo che ho scritto sui termovalorizzatori in Sicilia). E’ più credibile, come dice il presidente Schifani, che i “No” ai termovalorizzatori in Sicilia nascondano altre ragioni, magari “interessi opachi”, come dice lo stesso capo del Governo della nostra Isola. Ma il tema che vogliamo affrontare oggi non è questo. Di fatto, stanno per essere incardinate nuove opere pubbliche di grande respiro per realizzare le quali, si spera, ci vorranno, bene che andrà, almeno cinque anni. Il problema è che, nella nostra Isola, da un ventennio non si riesce a completare una grande opera pubblica. Esageriamo? Lasciamo parlare i fatti.
L’ultima, grande opera pubblica della Sicilia completata è l’autostrada Palermo-Massina. Correva l’anno 2005. A capo del Governo c’era Silvio Berlusconi. Quasi tutte le grandi promesse che aveva fatto ai siciliani nella campagna elettorale del 2000 erano andate a farsi benedire. Anzi, il Ministro dell’Economia dell’epoca, Giulio Tremonti, non solo non aveva fermato lo smantellamento del sistema bancario siciliano il cui patrimonio venne utilizzato per salvare alcune banche del Centro Nord Italia, ma aveva anche fallito sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Per quattro anni e mezzo, sul Ponte, il Governo Berlusconi si è cimentato in chiacchere e progettazioni piuttosto costose. Nel 2006, a fine mandato, c’era il nulla. Anzi, c’erano le progettazioni e le azioni legali intentate contro il successivo Governo che ha sospeso la realizzazione dell’opera. Ora il Ministro Matteo Salvini ci riprova. Lo schema è lo stesso: grandi progetti, tanti soldi che ci sono e non ci sono, tante grandi opere pubbliche incompiute. E le azioni civili degli abitanti dei luoghi che dovrebbero perdere la casa in nome del Ponte di Messina: circa 300 famiglie a Messina e circa 150 famiglie in Calabria. C’è il paradosso nel paradosso: per realizzare, o iniziare a realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina il Governo nazionale sta tagliando fondi ad opere stradali e ferroviarie della Sicilia. Ma se le autostrade della nostra Isola cadono pezzi, se, come illustreremo, persino i lavori di manutenzione delle autostrade vanno avanti da decenni, se mancano persino i raddoppi ferroviari che senso ha costruire il Ponte sullo Stretto di Messina? E’ un’opera che serve ai cittadini o a chi la deve realizzare?
Per la cronaca, tornando al Governo Berlusconi 2001-2006, Il Ministro Tremonti si era rimangiato pure la riapertura del casinò di Taormina per non fare ‘ombra’ ai casinò del Nord Italia. Si chiama neocolonialismo di ritorno e viene praticato dai Governi di centrodestra e di centrosinistra. Ed è stato praticato anche dai grillini quando hanno governato l’Italia. In più – sempre ad opera del Ministro Tremonti – il Ministero dell’Economia scippava alla Sicilia e a tutte le Regioni del Sud i fondi delle Regioni meridionali, sempre per foraggiare le Regioni del Nord. Sempre neocolonialismo di ritorno. Ancora il Ministro Tremonti mandava all’aria l’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto autonomistico siciliano, che prevede che le aziende con stabilimenti nell’Isola e sede sociale in altre Regioni italiane paghino le imposte alla Regione siciliana. Una battaglia politica sacrosanta che era stata condotta dall’allora presidente della Regione, Totò Cuffaro, e dall’allora Ministro, Enrico La Loggia. Tremonti, tra il 2001 e il 2006, ha praticamente massacrato la Sicilia. Peggio di lui ha fatto solo il Governo di Matteo Renzi nel 2015 e nel 2016. Alla fine, il Governo Berlusconi ha fatto quello che hanno fatto tutti i Governi italiani dal 1860 ai nostri giorni. Però un segnale Berlusconi lo voleva dare: così, in frett’e furia, il 21 Luglio del 2005, venne completata e inaugurata l’autostrada Palermo-Messina che era in costruzione da 36 anni. Completata per modo di dire, perché ancora oggi Iddio solo sa quante criticità presenta questa autostrada. Da allora, ribadiamo, nessuna grande opera pubblica è stata completata in Sicilia. Solo chiacchiere.
Dalle autostrade alle ferrovie. Il caso emblematico di opera siciliana incompiuta è il raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Messina. La realizzazione di questa linea ferroviaria è iniziata nel 1863, ai tempi dell’unità d’Italia (unità per modo di dire…). Non sappiamo, con precisione, quando si cominciò a parlare di raddoppio della linea ferroviaria Palermo Messina: non escludiamo che nel 1953, con Bernardo Mattarella Ministro dei Trasporti, l’argomento cominci ad essere preso in considerazione. Chi scrive ricorda che negli anni ’80 del secolo passato ogni due-tre anni spuntava un finanziamento per questo raddoppio ferroviario. E così negli anni successivi fino ai nostri giorni. In oltre quarant’anni non ricordiamo più quanti fondi sono stati stanziati per questo ‘mitico’ raddoppio ferroviario Palermo-Messina. A che punto siamo? Oggi i km di ferrovia con raddoppio, in questa benedetta tratta, sono poco più di 180, mentre poco meno di 90 km sono a binario unico. Non mancherà il tempo e non mancheranno i soldi… Non ci chiedete quanto è costato fino ad oggi questo raddoppio ferroviario incompiuto tra miliardi di vecchie lire e milioni di euro perché non lo sappiamo. Forse nessuno è in grado di calcolarlo.
Sempre per restare in tema ferroviario, ecco il Passante ferroviario di Palermo. E’ una tratta che collega l’aeroporto del capoluogo siciliano con Palermo città per proseguire fino a Cefalù. I lavori sono cominciati nel 2013. Oggi mancano 6,5 Km per il completamento, previsto per quest’anno. Ma non ci crede nessuno. Sorvoliamo sui problemi creati dai lavori ferroviari a Palermo e a Cefalù. Quanto ai costi, fino a cinque anni fa, tra Passante e chiusura dell’Anello ferroviario di Palermo, erano stati spesi un miliardo e mezzo di euro. Oggi abbiamo perso il conto. Se il Passante ferroviario di Palermo, pur avendo provocato disagi enormi (si pensi ai cittadini di Vicolo Bernava di Palermo, rimasti senza abitazioni, o al disastro nell’area attigua al Palazzo Reale, sempre nel capoluogo siciliano) è in parte in attività, l’Anello ferroviario di Palermo rimane l’oggetto misterioso. I lavori sono cominciati nel 2014 ma non si sa quando finiranno. La tratta è piuttosto breve: circa 7 km. Fino ad ora è costata poco meno di 200 milioni di euro. Anche in questo caso, disagi a mai finire per i cittadini. Ma c’è ancora tempo… Non si sa se questi lavori finiranno e non si capisce se tale struttura ferroviaria verrà utilizzata e, soprattutto, non si sa chi la gestirà. E’ stata effettuata l’analisi costi-benefici?
Abbiamo sottolineato che negli ultimi venti anni, in Sicilia, è stata completata una sola grande opera pubblica. In effetti, ci sarebbero anche i 15 km del Tram di Palermo realizzati in tempi record. Di ‘grande’, questa opera pubblica, ha due cose: il costo che, a prezzi 2013, è stato di 320 milioni di euro e il silenzio che ancora oggi accompagna tale opera il cui costo di manutenzione, elevatissimo, ha ‘terremotato’ i conti dell’AMAT, l’Azienda per il trasporto pubblico delle persone che fa capo al Comune di Palermo. Un po’ ‘salatino’, il costo di quest’opera, considerato che si tratta di una linea ferroviaria cittadina, ribadiamo, di appena 15 Km senza gallerie. Ma all’Unione europea, bontà sua!, il costo di 320 milioni di euro è sembrato giusto e l’ha pagato. Ora dovrebbero arrivare altre sei o sette linee di Tram. C’è chi dice che questi fondi sono già stati ‘immolati’ sull’altare della guerra in Ucraina. L’unico dato certo è che, da circa 400 milioni di euro, si è passati a 200 milioni di euro. Sì, il Comune di Palermo ha fatto di necessità virtù. Ha dimezzato la ‘posta’, come a chemin de fer… Com’è possibile che 15 km di Tram, a prezzi 2013, sono costati 320 milioni di euro e altre sei, o cinque, o quattro, o tre linee di Tram – ormai la confusione è totale – costeranno oltre 100 milioni di euro in meno a prezzi 2025 rispetto agli attuali 15 km di Tram? Non ci risulta che, dal 2013 ad oggi, ci sia stata una ‘deflazione’ del 200%… C’è o no qualcosa che non funziona?
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