Pensione di invalidità, ora te la tolgono e basta per questo cavillo: neanche ti mandano a chiamare per la visita | Ti abbandonano a te stesso

Inps, soldi (foto teleone.it) - mediaoneonline.it

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Un sostegno fondamentale, in Italia, ma in alcuni casi lo Stato fa un passo indietro.

In un’Italia che invecchia sempre più, l’assistenza agli anziani e agli invalidi rappresenta una priorità imprescindibile. La presenza di una rete di supporto economico e sanitario non è solo un segno di civiltà, ma una necessità concreta per garantire dignità e benessere a chi vive condizioni di fragilità. Gli invalidi, secondo la normativa italiana, possono rientrare in diverse categorie: si va dagli invalidi parziali a quelli totali, passando per chi ha disabilità temporanee o permanenti, fisiche o psichiche. Ogni situazione comporta differenti diritti e prestazioni economiche, come l’indennità di accompagnamento o la pensione di inabilità.

La pensione di invalidità rappresenta per molti cittadini un’entrata essenziale. Si tratta, infatti, di un sostegno economico rivolto a chi ha una condizione di inabilità lavorativa permanente al 100% e vive in condizioni economiche precarie. È proprio questa pensione a garantire una vita minimamente autonoma a migliaia di italiani ogni anno. Ma cosa accade quando viene meno? La revoca può trasformarsi in un dramma personale e sociale.

Basti pensare a casi reali, come quello di un cittadino che, a causa di una revisione medica o del superamento del limite di reddito, si ritrova all’improvviso senza la pensione che fino a ieri gli permetteva di vivere. In assenza di altri supporti, la sua condizione può diventare insostenibile, con ricadute anche sulla famiglia e sul sistema socio-sanitario.

È dunque fondamentale conoscere i criteri e le condizioni che determinano il riconoscimento o la revoca di questa prestazione. Oltre alla gravità della patologia, entrano in gioco fattori come il reddito personale, l’età del beneficiario e gli accertamenti medici periodici. Vediamo allora quali sono i casi più comuni in cui la pensione può essere sospesa o definitivamente tolta.

Perché si può perdere la pensione di invalidità

Secondo la Legge n. 118 del 1971, la pensione di invalidità spetta a chi presenta una menomazione fisica, psichica o intellettiva che comporta un’incapacità lavorativa permanente di almeno un terzo. Tuttavia, il riconoscimento non è definitivo: l’ASL effettua controlli periodici tramite una Commissione medica che può stabilire se l’invalidità persiste o meno. Se durante la visita di revisione emerge un miglioramento delle condizioni, la percentuale di invalidità può essere ridotta.

Nel caso in cui questa percentuale scenda sotto il 100%, il beneficiario perde automaticamente il diritto alla pensione di inabilità. Se la nuova percentuale si attesta, ad esempio, tra il 67% e il 99%, il soggetto potrà accedere a benefici minori, come l’esenzione dal pagamento di alcune prestazioni sanitarie, ma non riceverà più il contributo economico mensile. Ma non è soltanto la condizione sanitaria a determinare il diritto alla pensione. Uno dei principali requisiti è il reddito personale. Per l’anno 2024, ad esempio, la soglia reddituale massima per percepire la pensione è fissata a 19.461,12 euro. Chi supera questo limite, anche per poco, rischia di vedersi revocare la prestazione. Questo perché la pensione è concepita come un aiuto per chi si trova in reale stato di bisogno economico.

Anziani pensione e invalidità
Anziani pensione e invalidità (foto pexels) Mediaoneonline.it

Attenzione anche all’età: altri fattori decisivi, e le gravi conseguenze

Un altro elemento importante è l’età. Quando si raggiunge l’età pensionabile, ovvero i 67 anni, l’assegno di invalidità viene convertito in una normale pensione sociale o di vecchiaia. Questo significa che l’INPS non erogherà più la pensione di invalidità, ma un’altra forma di sostegno, spesso con importi e requisiti differenti.

Per fare una sintesi completa della questione, la pensione può dunque essere sospesa o annullata per: Guarigione o miglioramento delle condizioni cliniche; Riduzione della percentuale di invalidità al di sotto del 100%; Superamento del limite reddituale stabilito annualmente; Raggiungimento dell’età di 67 anni; Variazione dei requisiti amministrativi previsti dall’INPS. È dunque fondamentale restare aggiornati sulle normative e rispondere tempestivamente alle richieste dell’INPS o delle ASL, come le visite di revisione. Anche un “cavillo” come una visita che non risulta effettuata, ad esempio, può mandare in fumo tutto. Non rispettare questi obblighi può, dunque, portare a conseguenze anche gravi, come la sospensione immediata del pagamento o anche la richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite.