Si torna a parlare del risanamento della costa orientale di Palermo, questa volta in ‘salsa Invitalia’. Sarà la volta buona?

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di Giulio Ambrosetti

Uno scarno comunicato stampa della Regione siciliana annuncia il recupero della costa Sud di Palermo, un’area cittadina degradata che da quasi cinquant’anni è oggetto di progetti di risanamento solo in minima parte realizzati, in alcuni casi in modo approssimativo. Leggiamo il comunicato della Regione: “Prosegue il percorso di rigenerazione della costa Sud di Palermo. Il Comitato scientifico urbanistico regionale, presieduto dall’assessore al Territorio e ambiente Giusi Savarino, ha approvato oggi il progetto di riqualificazione eco-sostenibile del lungomare della Bandita, redatto e presentato dalla Città metropolitana del capoluogo siciliano”.

Per la cronaca, la “Città metropolitana del capoluogo siciliano” non è altro che la vecchia Provincia di Palermo alla quale hanno cambiato nome con una legge regionale che è stata approvata in barba all’articolo 15 dello Statuto siciliano. Questo articolo dello Statuto prevede che le Province della nostra Isola debbano essere sostituite da Liberi Consorzi comunali.

L’Assemblea regionale siciliana, che negli ultimi quindici anni non è ha fatta una giusta, alla faccia dello Statuto, ha recepito una confusionaria e fallimentare legge nazionale sulle Province – la legge Delrio – lasciando le vecchie Province tali e quali. Tutto questo, ribadiamo, in barba allo Statuto siciliano che dà ai Comuni la possibilità di consorziarsi liberamente. Di fatto, tutti i Comuni siciliani sono stati obbligati a restare legati alle vecchie Province alla quali, come già ricordato, hanno solo cambiato il nome. Una farsa. Dopo di che, per dare un tocco grottesco a questa ‘presunta’ riforma delle Province, le stesse vecchie Province di Palermo, Catania e Messina sono state ribattezzate ‘Città metropolitane’: un’altra farsa. Questa breve digressione sulle Province, o Città metropolitane ci sembra necessaria, se è vero che a presentare il progetto di risanamento della costa orientale del capoluogo dell’Isola, da quello che leggiamo, sono la Regione siciliana e la ex Provincia di Palermo. A rigor di logica, il risanamento di un tratto di costa di Palermo dovrebbe essere di competenza del Comune e non della Regione o della Provincia-Città metropolitana di Palermo.

Leggiamo cosa dice l’assessore regionale al Territorio e Ambiente, Giusy Savarino: “L’approvazione di questo progetto è un ulteriore elemento strategico dì sviluppo per le aree del demanio marittimo e per tutto il waterfront palermitano. Il sogno di restituire la spiaggia di Palermo e il relativo lungomare ai cittadini palermitani, quindi, è oggi ancora più vicino”.

L’assessore Savarino fa riferimento agli anni subito successivi alla nascita della Repubblica italiana che al capoluogo siciliano non ha portato molta fortuna, se è vero che negli anni ’50 del secolo passato è iniziato il cosiddetto ‘Sacco di Palermo’. In verità, nemmeno l’unificazione italiana ha migliorato la vita del capoluogo dell’Isola, visto che nel ventennio successivo al 1860 è stato portato a termine lo sventramento del Centro storico del capoluogo siciliano, che era il più grande Centro storico cittadino d’Europa. I segni di questa distruzione ‘scientifica’ della storia e delle attività economiche e artigianali che si snodavano nella parte antica di Palermo sono quasi tutte scomparse: sono ovviamente scomparse nelle aree del Centro storico ancora degradate e abbandonate e non ci sono nemmeno nelle aree risanate, nelle quali, al massimo, campeggiano ‘isole gastronomiche’, in massima parte slegate dalle tradizioni cittadine. Un disastro urbanistico e, quindi, culturale.

Per completare l’opera di distruzione del Centro storico della città, a metà anni ’50, la classe dirigente cittadina dell’epoca, tranne poche eccezioni, decise di espandere la città verso Nord. Quando l’assessore Savarino parla del “sogno di restituire la spiaggia di Palermo e il relativo lungomare ai cittadini palermitani”, fa riferimento alla costa orientale della città che fino a prima della grande speculazione edilizia era la spiaggia nazionalpopolare della città. Ancora oggi, a Palermo, nella memoria degli anziani, rimane il ricordo dei ‘Bagni Virzì’, del ristorante Spanò e di un mare pescosissimo. Ricordi ormai sbiaditi. Con l’avvento del ‘Sacco’ della città questa costa è stata in parte scelta come luogo dove riversare i materiali di risulta e, in parte, abbandonata al degrado. Per la cronaca, fino all’avvento della Giunta comunale di Diego Cammarata, nel 2001, il degrado iniziava nel Porto di Palermo e proseguiva per tutta la costa orientale della città. Nel decennio 2001-2011 sono state risanate sia l’area portuale, sia il Foro Italico. Negli anni successivi qualcosa è stata fatta fino a prima della foce del fiume Oreto. Poi, il nulla.

Per rispetto della storia, va detto che un grande progetto di risanamento della costa orientale della città venne redatto tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 del secolo passato. Era un progetto innovativo e interessante ma ha avuto la sfortuna di essere stato presentato in un momento storico in cui a Palermo infuriavano, quasi contemporaneamente, una sequela di ‘delitti politici eccellenti’ e una terribile e sanguinosa guerra di mafia che in certi momenti si materializzava con un morto ammazzato al giorno. In questo scenario un po’ ‘sudamericano’ il mega-progetto di ‘Risanamento della Bandita’ – che era stato presentato dalla Sailem, una società che si occupava di lavori marittimi – veniva visto come un’occasione per dare filo alla mafia e non se ne fece nulla. Oggi si torna a parlare di rilancio di questo tratto di costa.
Il risanamento della costa orientale di Palermo prevede una spesa di poco più di 40 milioni di euro. Considerato il costo della vita, che ormai è fuori controllo, soprattutto nell’attività edilizia, la cifra sembra un po’ contenuta.

Basti pensare che, per tre dissalatori, la Regione siciliana sta spendendo l’iperbolica cifra di 100 milioni di euro circa. Alla fine sono tre impianti che prendono l’acqua dal mare di Porto Empedocle, Gela e Trapani e la dissalano: tutto qui. Mentre per il risanamento di un tratto di costa molto ampio si stanziano poco più di 41 milioni di euro. Sono le contraddizioni della Sicilia di sempre. Per riqualificare il lungomare della Bandita lo stanziamento ammonta a circa 12 milioni di euro. Poi si prevede la realizzazione nel lungomare dello Sperone (poco più di 16 milioni di euro la spesa prevista) e la riqualificazione del porto della Bandita (poco più di 13 milioni di euro la spesa prevista). In ogni caso, il progetto è importante, perché è la prima volta che l’amministrazione pubblica siciliana affronta la questione del risanamento di un’ampia area abbandonata da un settantennio. Detto questo, da quello che si capisce, solo una prima parte di questo risanamento è stata approvata. La sensazione è che possa trattarsi di una delle tante grandi opere pubbliche siciliane che andranno avanti per decenni (qui puoi allegare gli articoli sulle opere pubbliche siciliane senza fine).

Un’altra anomalia che leggiamo in un articolo di Blog Sicilia (che potete leggere qui: https://www.blogsicilia.it/palermo/via-libera-recupero-lungomare-bandita-opere-41-milioni-tre-progetti/1149423/) è che la gara verrà bandita da Invitalia, Agenzia che fa capo al Ministero dell’Economia. Riassumendo: lo Stato mette i soldi, l’ex Provincia e la Regione siciliana ci mettono la faccia, il Comune di Palermo non si capisce che ruolo svolga a parte le dichiarazioni di rito e una società del Ministero dell’Economia che fino ad oggi non ha raggiunto risultati entusiasmanti gestisce la gara d’appalto. Dobbiamo dedurre che Regione siciliana, ex Provincia e Comune di Palermo non sono in grado di gestire una gara d’appalto? Ma cosa c’è dietro quest’ennesima, grande opera pubblica siciliana? Ah, dimenticavamo: in quest’area della città insiste il Parco ‘Libero Grassi’ che, non sappiamo più da quanti anni, è oggetto di studi, ricerche, finanziamenti ballerini, gare d’appalto altrettanto ballerine per arrivare a un’ipotetica bonifica. Tutte chiacchiere. Cambieranno le cose? Speriamo bene.